S. Silvestro

S. Silvestro (Parrocchia, Campo, Rio Terrà, Fondamenta ora Rio Terrà, Sottoportico, Traghetto). Il leggersi che Vittore, figlio del doge Orso I Partecipazio, salito nell’884 al patriarcato di Grado, era sacerdote di S. Silvestro, dà a divedere che questa chiesa esisteva anche prima di quell’epoca.1 Essa, giusta il Sansovino, venne fondata dalla famiglia Giulia, ossia Andrearda, e con altre chiese filiali obbediva ai patriarchi di Grado, i quali posero la loro sede in un prossimo palazzo quando nel secolo XII furono costretti, pell’insalubrità dell’aere, e lo scemamento degli abitanti, ad abbandonare Grado, e ricoverarsi a Venezia. La chiesa di S. Silvestro si rifabbricò, come scrive il Cornaro, nel 1422, e nel 1485 vi si incorporò il prossimo oratorio degli Ognissanti, consecrato nel 1177 da papa Alessandro III. Ebbe un altro ristauro nel secolo XVII, senonché, minacciando nuovamente di cadere, fu quasi rialzata di pianta dal 1837 al 1843 sul disegno degli architetti Santi e Meduna, riaprendosi il 24 decembre di quest’ultimo anno.

Benché manchino documenti intorno all’istituzione della parrocchia, essa è certo molto antica, e forse contemporanea alla chiesa. Nel 1810 si allargò la sua periferia, aggiungendovi i circondarii di S. Giovanni Elemosinario e di S. Matteo con parte di quelli di S. Apollinare e di S. Cassiano.

A S. Silvestro abitava quel Vendrame, o Beltrame, pellicciajo, che scoprì la congiura di Marin Faliero, ma che poscia, credendo d’essere male rimunerato, uscì in sediziose parole, ed in minacce contro il governo. Egli perciò venne confinato per anni 10 a Ragusi, ma fuggitosi in Ungheria, vi ritrovò la morte per mano, dicesi, d’alcuni complici di Marin Faliero che colà si ritrovavano.

Il palazzo dei Patriarchi di Grado, più sopra accennato, sorgeva presso il Sottoportico di S. Silvestro verso Canal Grande. La precisa situazione di questo palazzo, ove abitò il Carmagnola prima che gli fosse donato il palazzo Leon a S. Eustachio, ci viene additata da una proposta fatta nel 1321 dai Capisestieri per iscavare il rivo, ora interrato, di S. Silvestro, ove è detto che esso faceva capo in Canal Grande fra il Fontico del Frumento ed il Patriarcato.

In una casa sita in Campo di S. Silvestro abitava il celebre pittore Giorgio Barbarelli, detto il Giorgione. Per attestato del Ridolfi, egli dipinse il prospetto di questa sua casa con alcuni affreschi, ora perduti. E qui ci ricrediamo di quanto, sulla fede di altri scrittori, abbiamo detto nelle due prime edizioni delle Curiosità Veneziane, che Giorgione cioè abitasse nel palazzo Valier di faccia la porta maggiore della chiesa di S. Silvestro, e che di lui sieno gli affreschi dei quali tuttora rimane qualche traccia sulle muraglie, mentre, come c’insegna il Boschini, essi furono opera di Taddeo Longhi.

Il Giorgione nacque nel 1478 a Castelfranco nella Trevigiana, e recatosi giovanetto a Venezia fu discepolo di Giovanni Bellino, condiscepolo di Tiziano, e maestro di Giovanni Antonio Regillo da Pordenone. Essendo ancora in fresca età, morì nel 1511 per sifilide contratta da una Cecilia sua amica, o, come altri dicono, pel dolore che l’amica medesima gli fosse stata rapita dal di lui scolaro Morto da Feltre. Tanto questa donna preoccupavalo, da ritrarla, come è fama, nella Vergine posta in mezzo della stupenda palina eseguita per Castelfranco, e da scrivere un giorno dietro la tavola mentre stava dipingendo:

Cara Cecilia
Vieni, t'affretta
Il tuo t'aspetta
Giorgio Barbarella
2

Nacque in parrocchia di S. Silvestro il 16 aprile 1703 la poetessa Luisa Bergalli, moglie del conte Gasparo Gozzi.

Note di Lino Moretti

  1. La testimonianza più antica del titolo è del 1041. ↩︎
  2. Questa scritta “a grosso lapis” sarebbe stata letta quando il dipinto fu restaurato dal napoletano Aniano Balsafiori; si veda il «Quotidiano Veneto» del 2 dicembre 1803. Dopo d’allora la scritta non fu più vista da nessuno. La leggenda di Cecilia ha avuto grande fortuna nell’Ottocento: basti ricordare il dramma Cecilia di Pietro Cossa (1885).
    Giorgione morì di peste poco prima del 25. ottobre 1510. ↩︎

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