Dàndolo

Dàndolo (Sottoportico e Corte) a San Luca. Giacciono dietro un avanzo d’antico palazzo, che guarda col prospetto la Riva del Carbon, presso il quale l’abate Zenier fece scolpire un’epigrafe indicante che qui fu la casa d’Enrico Dandolo. Il fatto, quantunque manchi di prova sicura, non sembra improbabile poiché Enrico, secondo i cronisti, nacque in parrocchia di S. Luca e, fino dai tempi più remoti, le case contermini erano tutte dai Dandolo possedute. In queste case arse un grande incendio il 25 novembre 1523, descritto dal Sanudo, e più tardi abitò il famoso Pietro Aretino. Vedi Carbon (Riva ecc. del).

La famiglia Dandolo, antica e tribunizia, signoreggiò Gallipoli, Andro, Riva, ed altri luoghi della Grecia. Ebbe fino dal 1130 un Enrico patriarca di Grado, zio di quell’altro Enrico, eletto doge nel 1192 e celebre pel conquisto di Costantinopoli. Dei due figli del doge Enrico, Fantino fu patriarca di Costantinopoli, e Rainieri fu procuratore di S. Marco, e valoroso guerriero. Egli morì in Candia per freccia avvelenata l’anno 1213, nell’atto che accorreva a sedare i tumulti di quell’isola. Da lui nacquero quel Giberto, che nel 1260 prese ai Genovesi quattro galere in un fatto d’armi, ove restò morto il Grimaldi capitano nemico; e quella Dandola che contrasse matrimonio col re della Rascia. Anche Giovanni, figliuolo di Giberto, venne eletto doge di Venezia nel 1280, e fu padre di quell’Andrea, che essendo stato nel 1295 sconfitto, e fatto prigione dai Genovesi, diede di cozzo più volte col capo nell’albero della galea, ed in tal guisa si tolse di vita.

Altri due dogi della famiglia Dandolo conta Venezia, cioè Francesco, nel 1328, ed Andrea nel 1342. Il primo era chiamato cane per soprannome avito, e non, come dicono alcuni, perché, spedito, prima di salire al principato, quale ambasciatore al pontefice Clemente V, gli si gettasse ai piedi con una corda al collo, supplicandolo a liberar i Veneziani dall’interdetto, e fosse pareggiato dai cortigiani beffardi al cane, accorso a raccogliere le micche sotto la mensa del padrone. Bello della persona, oltreché prudente e valoroso, ebbe a’ suoi voleri Isabella Fieschi, moglie di Luchino Visconti principe di Milano, venuta a Venezia per la fiera dell’Ascensione, ed in quella circostanza datasi in preda alla più scandalosa licenza di costumi. Il secondo, uomo dottissimo, scrisse una cronaca veneziana, amò grandemente i letterati, e stimò di molto l’amicizia del Petrarca. La brevità che ci abbiamo prefisso ci impedisce di parlare di Leonardo Dandolo, figlio del doge Andrea, che sostenne molte ambascierie, e concorse più volte al ducato; di Fantino, figlio di Leonardo, legato a latere di papa Eugenio IV, e nel 1448 vescovo di Padova; di Gerardo Dandolo, capitano illustre nel 1438 contro il duca di Milano; di Pietro vescovo di Vicenza nel 1501, e nel 1507 di Padova; di Zilia, per ultimo, moglie del doge Lorenzo Priuli, incoronata con gran pompa nel 1557. I Dandolo, che eziandio furono illustri per varii letterati, lasciarono memoria di sé in varie strade di Venezia.

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