S. Polo

S. Polo (Sestiere, Campo, Salizzada, Ponte, Rio). I dogi Pietro e Giovanni Tradonico fondarono la chiesa di S. Paolo, volgarmente S. Polo, nell’837. Non si sa che chiesa tanto antica abbia avuto nei secoli trascorsi alcuna rinnovazione, o ristauro, ed è forse perciò, come scrive il Cornaro, che da certi scrittori se ne attribuisce la fondazione a famiglie diverse, le quali soltanto l’avranno rifabbricata. Essa fu ridotta alla forma presente da David Rossi nel 1805. Ebbe compimento nel 1838, e poco dopo consecrossi dal patriarca Monico.

Il suo campanile venne finito per opera di Filippo Dandolo, procuratore della fabbrica, e sopra di esso scorgonsi due leoni, l’uno dei quali ha il collo avvinchiato da un serpente, e l’altro tiene fra le zampe una testa umana tronca dal busto, allusione, giusta alcuni, alla trama ed alla punizione di Marin Faliero, e, giusta altri, di Francesco Carmagnola. Quest’ultimi però non s’accorgono che il carattere dello scarpello accenna ad un’epoca alquanto anteriore alla morte dell’infelice generale.

La chiesa di S. Polo era anticamente parrocchiale, ma nel 1810 si ridusse a succursale di S. M. Gloriosa dei Frari.

Essendo successo in Venezia nel 1343, il giorno di S. Paolo, un fiero terremoto, che durò quindici giorni, nella quale occasione, secondo il Sabellico, seccossi il Canal Grande, e caddero mille case, sorse il costume di chiamare il povero santo S. Paolo dal terremoto.

Abbiamo memoria che Stefano Pianigo, pievano di S. Polo, e notajo al magistrato del Proprio, venne il 7 settembre 1369 privato di tutti gli ufficii e benefici, nonché multato in lire duecento perché indusse certa Cristina a sposare Nicoletto d’Avanzo col patto di giacere seco lei la prima notte. Punita fu pure la Cristina, la quale, sciolta la promessa al pievano, continuò anche in seguito la tresca. E punito finalmente fu il d’Avanzo qui tam faetentibus nuptiis assensum praestitit. Vedi Gallicciolli, libro II, cap. XII, N. 1773.

Relativamente ad un altro pievano di S. Polo, cognominato Antonio Gatto, abbiamo nei Notatorii del Gradenigo i seguenti curiosi particolari. Un povero neonato abbandonavasi nel cuor della notte in una cesta in Campo S. Polo dalla crudeltà dei genitori. La cesta fu rovesciata da un gatto, ed ai lamenti del bambino, essa venne, sullo spuntare dell’alba, raccolta per ordine d’un gentiluomo, che colà presso abitava, e che fece educare il bambino, finché questi, fattosi adulto, percorse la carriera ecclesiastica col nome d’Antonio Gatto, divenendo nel 1563 pievano di S. Polo.

Fino da tempi antichissimi tenevasi in Campo S. Polo mercato più dì per settimana, ma poscia si stabilì di tenerlo soltanto il mercoledì. Caduta la Repubblica, surrogossi al mercoledì il sabato, giorno in cui antecedentemente tenevasi mercato in Piazza di S. Marco.

Rammenta la cronaca dell’Agostini che, venuto a Venezia il 26 luglio 1450 un Francesco, discepolo di S. Bernardino, nominato fra’ Santo, il quale soleva attirare alle sue prediche ben duemila ascoltatori, si pose un giorno a bandire la parola di Dio in Campo S. Polo, e scagliandosi contro le mondane vanità, fece accendere un gran fuoco e bruciarvi una gran quantità di drezze, franze, e drappi.

In Campo S. Polo eravi un bersaglio d’arco e di balestra, che venne rimosso nel 1452, avendo ciò ottenuto i nobili colà domiciliati in compenso dell’ospizio prestato nelle loro case ad Alberto duca d’Austria, venuto a Venezia coll’imperatore Federico III e col re d’Ungheria. Questo Campo, secondo il Sanudo, venne per la prima volta ammattonato nel 1494, ed allora vi si fabbricò il pozzo nel mezzo.

In Campo S. Polo si fecero varii spettacoli, fra cui il 14 febbraio 1497 M. V. una festa dei mercadanti fiorentini, mascherati, con giostre; il 21 gennaio 1503 M. V. una festa data da una compagnia della Calza, essendone signore Francesco Venier, con caccia di tori, colazione, e ballo sopra un solajo, intervento di molte dame, e fuochi durante la sera; il 10 giugno 1507 un pubblico ballo per le nozze d’Andrea Vendramin q. Giovanni; il 14 ottobre dell’anno medesimo una festa sopra un solajo con la rappresentazione della momaria intitolata: Giasone alla Conquista del Vello d’Oro, per le nozze di Luca da Lezze con una figlia di G. B. Foscarini; nel 1644 una mascherata con gran pompa di vestimenti e di gioje, la quale fu mandata a levare con molte torcie all’Orologio, dopo essersi recata ai monasteri di S. Lorenzo e di S. Zaccaria.

In Campo S. Polo, secondo il codice Cicogna 270, si fece nel 1510 una splendida mostra di soldati.

In Campo S. Polo, secondo i Diari del Sanudo, predicò il 2 aprile 1511 frate Ruffin Lovato, minor osservante, contro gli Israeliti, dicendo che saria bon tuorli tutto quello che hanno, e ponerli a sacco, perché questa terra è piena di Zudei fuziti qui. A richiesta però dei banchieri Anselmo e Vivian, presentatisi innanzi ai capi del Consiglio dei X, si prese parte d’ammonire quel frate, ed anche l’altro frate che predicava nel senso medesimo in chiesa di S. Cassiano.

Qui sorgono varii palazzi. A destra di chi viene da S. Apollinare scorgesi il palazzo Bernardo, poscia Maffetti, che venne dipinto esternamente dal Salviati, e che nel secolo trascorso fu rifabbricato sul disegno forse di Giorgio Massari. Quindi il palazzo archiacuto Soranzo, arricchito un tempo dagli affreschi del Giorgione. Quindi un avanzo dell’antico palazzo Donà con gotica porta, il cui archivolto è scolpito a lemnischi ed animali, opera del secolo XIII. Finalmente, girando, il palazzo Corner, ove, prima della sua rifabbrica, operata dal Sammicheli, abitarono molti illustri personaggi, come altrove abbiamo notato.

Abbiamo altrove raccontato che il 26 febbraio 1548 venne ucciso in Campo di S. Polo Lorenzino de Medici col di lui zio materno Alessandro Soderini. Ora daremo la particolarità di questo tragico fatto. E’ noto come Lorenzino togliesse di mezzo a tradimento Alessandro dei Medici, duca di Firenze, la vigilia di Epifania dell’anno 1537, e come poscia, fuggitosi da Firenze, andasse a Venezia, di là a Costantinopoli, quindi a Parigi, e finalmente a Venezia ancora, perseguitato con gravissima taglia dal duca Cosimo, successo nel principato ad Alessandro. Aveva costui, per finire la sua vittima, stipendiato e mandato a Venezia il capitano Francesco Bibboni ed un Bebo da Volterra, i quali presero alloggio accanto Lorenzino, domiciliato allora in Campo S. Polo sotto il finto nome di messer Dario. Più volte tentarono i due sicarii d’ucciderlo, e specialmente un dì ch’egli era stato invitato a desinare da monsignor Della Casa, ed un altro che era andato a visitare la bella Barozza, sua innamorata. Finalmente il 26 febbraio 1548 il Bibboni dalla bottega d’un calzolaio, donde si scopriva tutta la piazza di S. Pavolo, ed in particolare il palazzo di Lorenzo, vide quest’ultimo con un asciugatoio al collo pettinandosi e preparandosi ad uscire. Corre tosto a chiamar Bebo, e, fatto impeto sopra Lorenzino e sopra il di lui zio Alessandro Soderini, usciti insieme di casa, li ferisce mortalmente ambidue, dopo di che col compagno si ricovra prima dal conte Felice Collalto, e poscia dall’ambasciatore spagnuolo, il quale li tiene celati per molti giorni e finalmente li fa accompagnare per barca in luogo sicuro. Noi abbiamo tratto questo racconto dalla relazione che del suo operato scrisse al duca Cosimo lo stesso Bibboni, relazione pubblicata dal cav. Carlo Morbio in appendice al volume VI delle sue Storie dei Municipi Italiani, e pubblicata con più esattezza dal Cantù nelle sue Spigolature negli Archivi Toscani. Il Segni (Storie Fiorentine) aggiunge che al momento dell’uccisione di Lorenzo accorse in Campo di San Polo la madre e fu in tempo di raccoglierne l’estremo respiro. Altri ci regalarono le notizie di tutti gli onori, e di tutte le ricompense largheggiate dal duca Cosimo agli assassini. I cronisti veneziani in quella vece tacciono di tutto, forse perché la Repubblica, per un riguardo al duca Cosimo, oppure all’ambasciatore spagnuolo, voleva chiudere un occhio, e far sì che fosse posta in dimenticanza l’avventura.

In bocca del Rio di S. Polo, in Canal Grande, annegaronsi la notte del 9 settembre 1642 il patrizio Renier Foscarini q. Pietro q. Renier e Bianca Giunta, di lui moglie, a cagione di fierissimo vento che rovesciò la gondola ove si trovavano.

Lungo il Campo di S. Polo correva una volta un rivo che venne interrato nel secolo trascorso. Ricorda il codice Cicogna 264 in data 21 giugno 1761: In Campo S. Polo atterrarono il canale e disfecero li muri ch’erano d’intorno al d.to, e così fecero il campo assai spaccioso.

Chiuderemo col notare che in Campo S. Polo, al N. A. 2172, abitava Adriano Balbi, lustro e decoro della moderna scienza geografica. Una lapide, posta per cura municipale, ne indica la casa.

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