Fruttaròl

Fruttaròl (Sottoportico e Corte del) in Casselleria. A ragione dice il Dezan che tali località non del Fruttarol (fruttajuolo) ma dei Fruttaroli dovrebbonsi appellare, imperciocché la confraternita dei Fruttajuoli, eretta fino dal 1423, aveva qui un ospizio composto di 19 camere, ed un oratorio sacro a San Giosafatte. Questa arte, unita a quella degli Erbajuoli, aveva un altro oratorio dedicato al medesimo santo presso la chiesa di S. Maria Formosa. I Fruttaiuoli erano gli eroi della così detta festa dei Meloni, della quale ecco l’origine. Avendo il doge Steno, nel primo anno del suo governo, composto alcune dissensioni insorte fra i confratelli di quest’arte, ed avendogli essi offerto, in segno di gratitudine, un presente di poponi, o meloni, si volle continuare la pratica anche negli anni avvenire. I fruttaiuoli pertanto nel primo anno del governo d’ogni doge, in un determinato giorno d’agosto, radunavansi in Campo di S. Maria Formosa, e, per la Merceria e la Piazza di S. Marco, recavansi in corpo al Palazzo Ducale. Precedevano sei mazzieri recanti bastoni dipinti di verde a fili d’oro, e coll’armi gentilizie di sua Serenità. Andavano dietro quattro trombettieri, e tre tamburini, che facevano echeggiare l’aria del suono dei loro strumenti. Venivano quindi i tre stendardi dell’Arte; un gran solajo con la figura di S. Giosafat, protettore dell’Arte, sostenuto da quattro facchini, i quali erano vestiti di tela bianca, stampata a fiori di color rosso, ed avevano un berrettone in testa con fiocchi e fiori; due fanciulli, vestiti di nero, con due mazzetti di fiori; l’interveniente dell’Arte fra il doge dei Nicolotti, perpetuo gastaldo dell’Arte, in ducale rossa e calotta nera, ed il vicario dell’Arte medesima con tabarro di colore. Seguivano finalmente i fruttaiuoli, a due a due, portando i poponi in corbe ornate, e sopra argentei bacini. Arrivata la processione alla così detta Porta della Carta, saliva alla Sala dei Banchetti, ove si depositavano i poponi, ed erano preparati i doni che in ricambio il doge largiva all’Arte, consistenti in forme di formaggio, in prosciutti, ossocolli, sopressade, lingue salate, buzzoladi, e vino moscato. Allora s’introducevano i Capi dell’Arte alla presenza di sua Serenità, i due fanciulli gli presentavano i loro mazzetti di fiori, e l’interveniente recitava apposito discorso, a cui il principe benignamente rispondeva.

La festa dei Meloni fu disegnata dal Grevembroch ne’ suoi Abiti dei Veneziani di quasi ogni età (Ms. al Civico Museo).

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