Stua

Stua (Sottoportico della) a S. Giovanni Nuovo. Secondo il Gallicciolli, stua chiamavasi il luogo ove stavano quei bassi chirurghi che curavano le ugne dei piedi e tagliavano calli, perché colà eravi sempre in pronto acqua calda, ovvero qualche luogo caldano. Tali maestri dicevansi stueri (stufajuoli). Sembrerebbe però, come accenna il Romanin (Storia di Venezia), che le stue servissero eziandio ai bagni caldi, poiché Alvise Molin nel suo Diario dell’ambasciata a Costantinopoli (Cod. 365 della Marciana) così si esprime: Nel ritorno a casa dessimo un’occhiata ad uno dei loro bagni, che molti e frequentissimi sono nella Turchia, fatti per lavarsi prima dell’orazioni loro, che altro non sono che stufe in tutto simili alle nostre. E che gli stufajuoli attendessero ad altro, oltreché a tagliar ugne e calli, lo si può desumere dal decreto 3 luglio 1615, il quale fa menzione delle stue, ove parecchi prendevano a curare malati di diverse qualità di mali, e da se stessi gli ordinano decotti di legno, che non avendo cognitione della complessione del patiente, per il più lo abbrugiano, altri fanno ontioni con l’argento vivo, profumi, od altro, a gran danno del prossimo, et anima loro, et altri, segnando da strigarie, danno medicamenti per bocca così gagliardi che, invece di cacciar spiriti, cacciano l’anima. Gli Stueri erano uniti ai Chirurghi, avendo scuola comune in chiesa di S. Paterniano sotto gli auspici del medesimo santo. Abbiamo poi circa le stue la legge seguente del 1460; Quod aliqua pecatrix, vel femina, non possit se tangi facere, au carnaliter cognoscere aliquem hominem de die in aliqua hosteria, taberna, vel stufa, ecc.

Varie strade di Venezia presero il nome dagli anzidetti stueri, nel cui numero era molto rinomato quello di S. Gio. Novo, come si ricava dalle seguenti parole del Coronelli: Molti sono gli stueri sparsi per le contrade, ma quello di S. Gio. Nuovo porta sopra tutti il vanto.

Giacomo Rota, stuer a S. Gio. Nuovo, e Vincenzo di lui nipote uccisero presso il Campo di S. Gio. Nuovo il 21 marzo 1597 il N. U. Antonio Molin q. Giovanni, e perciò furono banditi il 6 giugno successivo, venendo pure citato a scolparsi il capitano di Giustizia Marco Dolce, che, presente al fatto, tardò ad inseguirli.

Nel Giornale delle Cose del mondo avvenute negli anni 1621-1623 (Cod. Cicogna 983), e precisamente nel Suplimento di Venezia 29 gennaro 1621, leggiamo: Giovedì mattina furono dati in pubblico 3 tratti di corda ad Agostin stuer a S. Gio. Novo et ad un giovine battioro, trovati mascherati con armi, havendoli dato la corda con le maschere sulla faccia, et in oltre condennati certo tempo in prigione.

Nella stua di S. Giovanni Nuovo morì il 18 maggio 1629 Zaccaria Fasuol, parroco di S. M. Elisabetta del Lido.

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