Carbon

Carbon (Riva, Traghetto della Riva, Calle, Ramo e Sottoportico del) a S. Luca. Sulla Riva del Carbon tuttora si fa spaccio di questo combustibile. Esiste una legge del Magistrato alle Acque, 5 aprile 1537, con cui comandavasi che le zattere cariche di carbone non possino fermarsi dinanzi le bocche de Rivi, e due solamente per tessera possino trattenersi per vender alla Riva del Carbon. Sul margine della medesima eranvi eziandio alcune botteghe di legname, ove vendevasi carbone; due delle quali appartenevano ai Bembo, ed una ai Donà. I Carbonai unironsi in corpo nel 1476, ed avevano scuola di devozione nella prossima chiesa di S. Salvatore, sotto il patrocinio di S. Lorenzo. Essi andavano esenti dalla milizia perché scaricavano senza mercede il carbone occorrente all’Arsenale ed alla Zecca. Erano poi 25, né tal numero poteva variarsi, perché la Repubblica aveva venduto le corbe, cioè il diritto di portare in esse il carbone, e chi era proprietario di una di tali azioni poteva tanto da sé esercitare questo mestiere, quanto farlo esercitare da altri.

Leggesi nelle Raspe dell’Avogaria di Comun, che l’8 settembre 1477, passando il N. U. Daniele Soranzo q. Francesco, ed un certo Giacomo da Crema, circa l’ore 24, per la Calle del Carbon, vennero invitati a salire in casa da una meretrice cognominata Maria Scorzupi. Fermatisi a cena con essa, mangiarono unam coradellam castrati ad suffritum, et unum fegatum unius leporis quem tunc praedictus Daniel interfecerat. Ritornati poscia alle loro case, ambidue sentironsi male a segno, che il Soranzo la mattina seguente morì, ed anche il compagno versò in grave pericolo di vita, recendo nescio quid ad similitudinem verderame. La Scorzupi perciò venne posta in prigione e torturata, ma nulla confessando, e d’altra parte non trovandosi in lei pravità d’intenzione, fu assolta con sentenza 10 novembre dell’anno medesimo.

Sulla Riva del Carbon prese ad abitare sul principio del 1551 il celebre Pietro Aretino in una casa, la pigione della quale, ascendente a 60 scudi annui, venivagli generosamente pagata dal duca di Firenze. Vedi Mazzuchelli (Vita di Pietro Aretino). Questa casa, come si scoprì da una fede rilasciata da Pietro Paolo Demetrio, pievano di S. Luca, notarilmente autenticata, ed esistente nel R. Archivio d’Arezzo, apparteneva a Leonardo Dandolo di ser Girolamo, ed era probabilmente sopra, od in vicinanza dello attuale Caffè detto degli Omnibus. Qui continuò l’Aretino ad abitare fino all’epoca della sua morte, che, in mancanza dei registri mortuarii, venne dagli eruditi fissata, per congetture, all’anno 1557, ma che successe in quella vece il 21 ottobre del 1556. Salvatore Bongi infatti nella Vita d’Anton Francesco Doni, premessa alle Novelle di questo autore (Lucca, Fontana, 1852), trasse dall’Archivio Mediceo (Carteggio di Venezia, Filza 80), un brano d’una lettera scritta da Venezia a Firenze dal Pero al Pagni nel 24 ottobre 1556, ove si legge: Il mortal Pietro Aretino mercoledì sera, a hore tre di notte, fu portato all’altra vita da una cannonata d’apoplexia senza haver lassato desiderio e dolor a nissun huomo da bene. Dio li abbia perdonato! Anche il pievano Demetrio nella fede sopra indicata dice ch’egli morì da morte subitanea giù d’una cadrega da pozo, avendoci prima fatto sapere che il Giovedì Santo di quell’anno si era confessato e comunicato in chiesa di S. Luca, piagnendo lui estremamente. Da ciò risultano favolose due circostanze inventate da alcuni scrittori circa gli ultimi momenti dell’Aretino. La prima consiste nel racconto che egli morisse accoppato, cadendo dalla seggiola, mentre tragittavasi sopra di essa, puntando i piedi al suolo, e ridendo sgangheratamente all’udire certe tresche delle proprie sorelle meretrici nel bordello d’Arezzo. Consiste la seconda nell’altro racconto che egli, avendo ricevuto la Sacra Unzione, dicesse beffardamente:

Guardatemi dai topi or che son unto!

E’ poi singolare il caso (se pure la cattiva salute dell’Aretino non avesse potuto farlo presagire) che il Doni nel Terremoto indovinasse l’epoca della di lui morte colle parole: In quest’anno del LVI tu morirai perché l’apparizione che fu della stella ai Magi nella nascita del Signore si tenne per gran segno, ed ora per piccolo io tengo la cometa di quest’anno venuta per conto tuo per essere tu contrario a Cristo ecc.

Abbiamo notato una Scorzupi meretrice, domiciliata nel 1477 in Calle del Carbon. Fin d’allora forse molte di tali femmine avevano sede nella calle così denominata, il che per certo verificavasi nel secolo passato, chiamandola Gasparo Gozzi la via detta del Carbon dove abitano in certe casipole terrene le più sozze uccellatrici degli uomini.

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