Carità

Carità (Rio terrà, Campo, Ponte della). La chiesa di Santa Maria della Carità, una fra le più antiche di Venezia, era nei primi tempi di legno. L’anno 1120 il patrizio Marco Zulian offrì tutto il suo avere nelle mani del legato pontificio per erigerla in pietra, insieme ad un convento che nel 1134 accolse alcuni canonici regolari di S. Maria in Porto di Ravenna, perciò detti Portuensi. Papa Alessandro III nel 1177 consecrò questa chiesa, e la arricchì d’indulgenze, laonde sorse il costume che ogni anno il Doge e la Signoria si recassero il giorno 5 aprile a fruire delle medesime. Essendo stato eletto nel 1409 a priore della Carità Francesco Cappello, e vedendo il suo convento quasi disabitato, v’introdusse una colonia di canonici regolari di S. Maria Frisionaria di Lucca, dei quali in seguito, col resto dei suoi, abbracciò l’istituto. Il cardinale Gabriele Condulmer, poscia Eugenio IV, diede da abitare ai canonici suddetti il convento di S. Salvatore, ma essi, scusandosi col dire, non essere confacente al loro vivere ritirato un’abitazione posta in mezzo ai tumulti della città, l’abbandonarono, ritornando nel loro pristino asilo. La chiesa della Carità fu ricostruita nel 1446, e nel secolo successivo abbellita. Quanto al convento, il Palladio lo riedificò circa il 1560, senonché l’opera del celebre architetto bruciò in gran parte il 16 novembre 1630. La religiosa famiglia dei canonici regolari restò soppressa in virtù della legge 7 settembre 1768, affidandosi in quella circostanza la uffiziatura della chiesa ad un cappellano. Anche questa però venne chiusa nel 1807 dal Governo Italico, e destinata, unitamente al locale in cui raccoglievasi la Confraternita della Carità, di cui parleremo nell’articolo seguente, a formare l’Accademia di Belle Arti.

Racconta la tradizione popolare che, essendo venuto travestito a Venezia papa Alessandro III nel 1177, ed avendo dormito la prima notte sulla nuda terra presso la Calle del Perdon a S. Apollinare, oppure, come altri dicono, sotto il portico della chiesa di S. Salvatore, capitò la mattina seguente al monastero di S. Maria della Carità, ottenne d’esservi accolto come semplice cappellano, o, secondo un’altra versione, come guattero, e vi restò circa sei mesi, finché, riconosciuto da un francese per nome Comodo, venne accompagnato dal doge con tutta pompa al palazzo ducale, e quindi ospitato nel palazzo del patriarca di Grado a S. Silvestro. Ma il Romanin nella sua Storia Documentata di Venezia dimostra l’insussistenza di tale favoletta. Anche noi torneremo a discorrerne in altra occasione. Vedi Perdon (Calle ecc. del).

Il campanile della Carità precipitò il 27 marzo 1744 nel Canal Grande fracassando due case vicine, e commovendo l’acqua in modo da far balzare sulla strada le gondole del prossimo traghetto.

Il Campo della Carità fu ai nostri giorni messo in comunicazione col Campo di S. Vitale mediante un ponte di ferro, gettato attraverso il Canal Grande, che venne costrutto dall’ingegnere Neville nelle officine inglesi. Questo ponte si aprì al pubblico nel giorno 20 novembre 1854. Un ponte da S. Vitale alla Carità era stato proposto fino dal secolo XV. Scrive il Magno nella sua cronaca: Del 1488, a dì 10 avosto, in consegio per S. Luca Trun prov. de Comun fu messa parte de far dui ponti sopra il Canal grando, zoè uno a Santa Sofia, et l’altro a la Charità, ma tutto el consegio ridendose de questo, non fu balotà.

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