SS. Salvatore

SS. Salvatore (Parrocchia, Campo, Rio, Merceria di). La chiesa del SS. Salvatore venne fatta innalzare in tempi antichissimi dalle famiglie Carosii e Gattolosi per esortazione di S. Magno. Dicesi aver avuto ne’ suoi primordi il pavimento formato di grate di ferro, sotto il quale scorreva l’acqua alla foggia della chiesa del Sepolcro in Gerusalemme. Nel 1141 Bonfiglio Zusto, che ne era pievano, abbracciò col suo clero l’ordine dei Canonici Regolari di S. Agostino per cui soffrì molte persecuzioni dal vescovo di Castello, e morì trucidato in Veglia, ove aveva cercato un rifugio. Nondimeno i papi Innocenzo II ed Eugenio III approvarono l’istituto dei nuovi canonici, ed Alessandro III, venuto a Venezia, consecrò il 29 agosto 1177 la loro chiesa. Essi si disposero a rifabbricarla sotto il priore Gregorio Fioravante, eletto nel 1182, e sebbene turbati da nojosi litigi col clero di S. Bartolammeo, la condussero a perfezione nel 1209. Caduti coll’andar del tempo in grave rilassatezza di costumi, il monastero fu ridotto in priorato, ed il cardinale Gabriele Gondulmer, uno fra i priori di esso, v’introdusse nel 1427 i canonici Lateranensi di S. Maria della Carità, ma questi, dopo pochi mesi, stimarono opportuno di ritirarsi. Vi furono sostituiti nel 1442 dallo stesso Gondulmer, già assunto al pontificato col nome di Eugenio IV, i canonici regolari della congregazione di S. Salvatore di Bologna, che ristaurarono gli edifici a loro concessi. Soltanto però dopo il 1507 la chiesa di S. Salvatore cominciò ad assumere l’odierna magnificenza sopra modello di Giorgio Spavento, e colla sopraintendenza di Pietro e di Tullio Lombardo, ottenendo compimento nel 1534 coll’ajuto del Sansovino. Nel 1663 fu adornata dell’attuale prospetto, disegnato dal Longhena o dal Sardi, dietro lascito del ricco mercadante Giacomo Galli. Nel 1739 ebbe consecrazione per mano di Francesco Corner patriarca di Venezia. Finalmente il 22 novembre 1866 dovette chiudersi per generale restauro, né fu riaperta prima del 3 agosto 1879. Allora innestossi sull’angolo della facciata verso Merceria una palla di cannone colla data del 6 agosto 1849 in memoria che quel punto venne in quel giorno colpito da un proiettile scagliato dagli Austriaci durante l’assedio posto a Venezia.

Il monastero di S. Salvatore si riedificò nel 1540 da Tullio e Sante Lombardo e dal Sansovino. Sembra però che restasse compiuto soltanto nel 1564, come appare da lapide esterna, esistente sopra l’angolo della muraglia che guarda il Ponte del Lovo. Nel 1810 si ridusse a caserma.

Quanto all’istituzione della parrocchia, essa rimonta all’origine della chiesa. Nel 1810 le si aggiunse la soppressa parrocchia di S. Bartolammeo e porzione di quella conservata di S. Luca.

Narrano alcune cronache che, quando nel 1177 papa Alessandro III riparò sconosciuto a Venezia, dormì la prima notte del suo arrivo sotto il vestibolo della chiesa del SS. Salvatore. Vedi Carità (Rio Terrà ecc. della) e Perdon (Calle, Corte del). Ciò si ricorda da un’iscrizione, che leggesi sottoposta all’effigie di questo pontefice nel vestibolo appunto della chiesa, dalla parte della Merceria.

Dicesi ancora che in Campo di S. Salvatore eravi un pozzo profondo con vasca d’acqua all’ingiro, e con una prossima ficaja, alla quale, quando costumavasi di cavalcare per la città, i viandanti legavano i loro cavalli giacché, per un decreto del 29 febbraio 1287 M. V., era proibito, a cagione del grande concorso, di percorrere la Merceria cavalcando.

In parrocchia di San Salvatore stanziava il tipografo Nicolò Jenson, che fino dal 1470 pubblicava libri in Venezia. Nella mariegola della scuola di S. Girolamo sta scritto: Nicolò Xanson stampador. S. Salvador.

Nel circondario di S. Salvatore venne ucciso il 21 luglio 1506 Giacomo Gradenigo, che però non era di sangue patrizio.

Scrive il Sanudo sotto questa data: E in questo zorno poi disnar da uno francese fo amazà domino Jacomo Gradenigo: haveva benefici et feva la sua vita a San Salvador, homo pacifico, et per voler pacificar la moglie col marito, fo amazato dal deto marito, era francese e falconier del re.

Presso la chiesa di S. Salvatore Marco Giustinian, uno dei X, riportò il giovedì grasso del 1579 da una maschera grave ferita sul capo, che in breve lo trasse al sepolcro.

E nel giovedì grasso del 1602 Nicolò Moro q. Santo venne ucciso con altri tre patrizi nella contrada medesima, avendo voluto frammettersi acciocché un cotale non traesse seco a viva forza una donzella.

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