Fava

Fava (Calle e Rami dietro la, Campo, Ponte, Calle della). Per quanto appare da un autentico documento, che abbiamo scoperto nelle carte della famiglia Correr al Civico Museo, esisteva in parrocchia di S. Leone, vulgo S. Lio, nel secolo XV, appesa al muro di ca’ Dolce (e non di ca’ Amadi, come scrisse il Corner) un’immagine di M.V. considerata miracolosa. Nel 1496 (e non 1480) a merito d’alcuni parrocchiani, si comperarono dai Dolce due casette per erigere sopra quel fondo una piccola chiesa ove poter collocare la sacra immagine. Questa chiesa chiamossi di S. Maria della Consolazione, o della Fava, per essere prossima al Ponte delle Fave, o della Fava. Raccontano gli scrittori ecclesiastici che così si disse tal Ponte, perché un uomo, colà domiciliato, avendo nascosto certo contrabbando di sale sotto alcuni sacchi di fava, del qual legume era negoziante, ed essendo avvisato della venuta dei birri, gettossi per soccorso ai piedi della suddetta immagine miracolosa, ed ottenne in grazia che la giustizia, ad onta delle fatte ricerche, non ritrovasse in di lui casa che pura fava.

Alcuni invece vogliono che presso questo ponte vi fosse una bottega ove si vendevano quelle pastiglie che si preparano pel giorno dei Morti, e che appellansi fave. L’uso di preparare in detto giorno tali pastiglie ebbe l’origine seguente. Immaginandosi i gentili di leggere nel petalo del fiore della fava alcune lettere funebri, e credendo eziandio che l’anime dei morti trasmigrassero nelle fave, se ne cibavano nei funebri banchetti, e le offrivano ai Mani nelle feste Lemurie, gettandosele per rito dietro le spalle (Ovidio, Fasti, Lib. V). I nostri padri ritennero questa superstizione. Anch’essi ai 2 di novembre mangiavano fava, e gran quantità ne dispensavano i conventi ai poveri, ed ai gondolieri dei traghetti in premio del servigio, che, durante l’anno, prestavano ai religiosi, passandoli gratuitamente dall’una all’altra riva della città. Siccome poi tal cibo non riusciva molto gradito al palato dei ricchi, col progresso del tempo se ne cangiò la natura, e lo si convertì nelle anzidette ghiotte pastiglie, ma gli si conservò il nome primitivo.

Altri finalmente, fra cui il Codice 2929 della Raccolta Cicogna, dicono che il Ponte della Fava, e per esso le strade vicine, derivano il nome dalla famiglia Fava e un Francesco Fava, spezier da Ferrara, domiciliato in parrocchia di S. Salvatore, ottenne nel 1306 la cittadinanza veneziana. Ed un Nicolò Fava da S. Salvatore era nel 1345 confratello della Scuola della Carità.

Comunque siasi, la chiesetta dedicata a S. Maria della Consolazione, che anticamente era in riva al canale, rimase fino al 1662 sotto l’amministrazione di varii procuratori, e poi si diede in cura ai padri di S. Filippo Neri. Senonché nel principio del secolo XVIII fu atterrata, ed in sua vece si fabbricò, un poco più addentro perché ne dovesse risultare una piazzetta anteriore, la chiesa presente sul disegno di Antonio Gaspari, e di Francesco Fossati, dilatandosi eziandio la casa dei padri. Questi furono soppressi all’epoca napoleonica, e quindi ristabiliti nel 1821.

La facciata della chiesa ebbe un ristauro nel 1884.

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