S. Maurizio

S. Maurizio (Campo, Rio, Ponte, Fondamenta del Traghetto). La chiesa di S. Maurizio fu eretta dalla famiglia Candiana, detta Sanudo, in tempi assai antichi, e dedicata ai SS. Maurizio e compagni, ed al martire S. Adriano. Dopo l’incendio del 1105 fu rifatta, e durò fino al 1590, in cui fu riedificata dai fondamenti, e consecrata. Nel 1795 architettossi nuovamente sopra disegno del patrizio Pietro Zaguri, e si compì nel 1806. Dobbiamo però il frontespizio al Selva, le porte e le finestre laterali al Diedo, il maggiore dei tre bassi rilievi superiori a Bartolammeo Ferrari, ed i due minori a Luigi Zandomeneghi. La chiesa di S. Maurizio conservossi parrocchiale fino al 1810, in cui divenne oratorio di S. Stefano.

Il Campo di S. Maurizio soleva essere magnificamente addobbato, a cura della confraternita degli Albanesi, il 15 giugno di ogni anno, poiché in quel giorno vi passava il doge col suo seguito per avviarsi alla chiesa dei SS. Vito e Modesto. Vedi San Vito (Campo ecc.).

Leggesi che nel 1391 il pievano di S. Maurizio Giacomo Tanto, essendosi posto d’accordo con Tommaso Corner d’uccidere un prete Giovanni, mansionario della chiesa di S. Marco, lo condusse in una casa situata a S. Apollinare in Carampane, sotto pretesto di dargli quartas vini malvatici pro dicendis totidem missis, e colà, ajutato dal compagno, lo trucidò. Ambidue poscia recaronsi in Canonica, ove il defunto abitava, e derubarono tutti i di lui effetti. Scoperto il delitto, Tommaso Corner, assente, venne con sentenza 28 settembre 1392 condannato a perpetuo bando, ed il pievano ad finiendam vitam suam in cavea suspensa ad campanile S. Marci in pane et aqua. Avvenne che la matrigna di quest’ultimo, d’accordo coll’uffiziale di custodia, mandasse al condannato fugacias fabricatas, et pensatas cum nucibus, mandulis et zucari pulvere, ac fritellas, et alias confetiones, quibus produxit vitam in longum contra sententiam. L’uffiziale perciò perdette l’impiego, e buscossi un anno di ritenzione nei Pozzi. Pel supplizio della Cheba vedi Campanile (Calle del).

In Campo di S. Maurizio, e precisamente di faccia la chiesa, abitava quella Francesca Michieli, vedova di Bernardo Vielmi, la quale, con due suoi figliuoli e colla fantesca, venne trucidata nel 1539 dal di lei nipote Pietro Ramberti, che poscia ne pose a ruba la casa. Il Ramberti perciò fu condannato alla pena capitale, accompagnata dai soliti tormenti, ma nella vigilia del giorno fatale, Lodovico fratello del condannato, volendo risparmiargli una morte tanto infamante e dolorosa, ottenne in grazia di potergli dare l’ultimo addio, e fingendo di abbracciarlo, gli pose in bocca una nocciuola ripiena di veleno sì fiero che in poco d’ora lo fece cadere esanime al suolo. L’esecuzione, ciò non ostante, ebbe luogo sopra il cadavere. Per maggiori particolari vedi le cronache del Barbo e dell’Agostini nonché le nostre Condanne Capitali, operetta altrove citata.

A S. Maurizio abitava pure quel patrizio Marco Muazzo, il quale avendo antica ruggine, per affari di famiglia, con un proprio nipote, lo invitò a casa propria, e gli diede d’un pugnale nel petto. Fuggì il misero giovane, e per la porta della riva gettossi nel prossimo canale, ma il Muazzo, infellonito sempre più, e gettatosi in acqua pur egli, finì il nipote con molte ferite. Perciò venne bandito con sentenza contumaciale 22 giugno 1545.

In Campo di S. Maurizio, al N. A. 2760, scorgesi un palazzo, fondato nel secolo XVI da un Dionisio Bellavite fo di m. Polo, mercadante d’olio e farine, il quale commise a Paolo Veronese di dipingergli sul prospetto quattro storie colorate, e due a chiaro oscuro della storia romana: Nella cima, così scrive il Ridolfi, sono fanciulli posti a sedere sopra a festoni, e sotto alle finestre fece cartelle colorite e camei, e tra quelle, altre a chiaro scuro con satiri intorno, e sotto quelle dei mezzati, corazze e bellici strumenti pur a chiaro scuro. A’ piedi, sopra a’ modiglioni, sono due singolari figure finte di bronzo, che rappresentano la Prudenza e Minerva con rami d’olivo, e gambi di spiche in mano, per dinotare che dagli avanzi fatti d’olio e di grano il padrone haveva murata la casa. Ora poche tracce rimangono dell’opera di Paolo. Sembra che sopra l’area di questo palazzo sorgesse antecedentemente il campanile della chiesa di S. Maurizio poiché nelle Condizioni della Diocesi di Venezia e Dogado, presentate nel 1564 ai Soprastanti alle Decime del Clero, ritroviamo che il Bellavite pagava un livello alla chiesa di S. Maurizio pel campanile disfatto. Nel palazzo Bellavite, venuto poscia in mano dei Giavarina, dei Sora, d’un marchese Cavriani, degli avvocati Terzi e Cromer, e d’altri proprietarii, abitò il poeta vernacolo Giorgio Baffo, e vi morì nel 1768.

In un sonetto diretto a questo poeta, è scritto:

Quel Baffo che sta in Campo S. Maurizio,
Tra la chiesa e il famoso Cordellina,
Int'un palazzo che col ciel confina,
Del Sansovin magnifico edifizio.

Quanto al Cordellina, era egli un celebre avvocato che abitava in uno dei due palazzi contigui a quello ove abitava il Baffo, posseduti dalla patrizia famiglia Molin.

In parrocchia di S. Maurizio chiuse la sua mortale carriera nel 1597 l’architetto Antonio Da Ponte, le varie abitazioni del quale abbiamo avuto occasione di notare più addietro.

Riporta il Fontanini nella Biblioteca dell’Eloquenza Italiana, ed anche il Codice 482, Classe VII della Marciana, intitolato: Anni Emortuali di diversi Personaggi Distinti, che nella contrada di S. Maurizio morì il celebre Guarini, autore del Pastor Fido. Ma, come osserva lo Zeno nelle annotazioni all’opera del Fontanini, tal fatto successe invece nella contrada di S. Moisè, annoverando quel necrologio parrocchiale fra i decessi il 7 ottobre 1612 l’Illustre sig. Zambattista Guarini, Cavalier di Ferrara, di anni 74, da febre già giorni 17, visitato dall’Eccellentissimo Giarca. Leggesi bensì nelle Inscriptiones Sepulchrales (Classe XIV, Cod. 26, 27 dei Latini, presso la Marciana) che il Guarini fu sepolto a S. Maurizio vicino alla porta che passa nella casa del Piovano, et è quella sepoltura che è chiusa coi ferri impiombati dopo il contagio del 1630, nè fu dopo più aperta per esservi stati posti in quel tempo degli appestati. Tale sepoltura più non esiste, ed al certo venne distrutta rifabbricandosi la chiesa.

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