Casin

Casin (Sottoportico del) a S. Barnaba. Dal così detto casino dei nobili, che qui esisteva nel secolo passato. Chiamavansi, e tuttora si chiamano, casini certe piccole case, o stanze, ove una determinata compagnia si raccoglie a passare col giuoco o con qualche altro trattenimento, specialmente l’ore notturne. Molti casini contava Venezia sotto la Repubblica, e molti abusi nascevano in essi fino dai tempi antichi. Perciò il Consiglio dei X con decreto 27 febbraio 1567 M. V. comandava che li redutti de nobili et altre persone in questa città sieno del tutto proibiti. Un altro decreto del Consiglio medesimo, 18 settembre 1609, diceva che, servendo tali casini non più ad honesta conversatione, ma invece a secreti congressi per dar nell’estremo eccesso di giuoco, nonché ad altre abominevoli maniere di vita troppo licentiosa, fosse proibito in avvenire a cadauna persona, di che grado, stato, et conditione si voglia, tener alcuna casa, o pigliarne ad affitto da altri, solo, o accompagnato da chi si sia, se non per propria et ordinaria habitatione, sotto alcun immaginabile pretesto, ovvero nome supposto ecc. Ad onta di tali decreti, i casini erano cresciuti più che mai verso la fine del secolo trascorso. Era là (come, sulle traccie dell’Osservatore del Gozzi, enfaticamente nei suoi Annali Urbani scrive il Mutinelli) ove, cianciandosi, giuocandosi, e berteggiandosi, la dissolutezza si diceva galanteria, urbanità la sfrontatezza, e il vizio piacevolezza; ove il lusso delle femmine era raffinato dalla rivalità rabbiosa delle comparse; ove quasi tutti i vincitori in faccia ai vinti ridevano; ove i perdenti per dispetto ad ogni carta stridevano, chi un errore imputandosi, chi un altro, e con tanta altezza di voce, e con tanta forza da essere talvolta vicini ad azzuffarsi.

Oltre i casini pei nobili, v’erano quelli pei secretarii, e quelli pel solo popolo, non mancandone neppure gli artigiani, i camerieri, ed i cuochi. Quelli del popolo esistevano nelle parti lontane della città perché vi si potesse ritrovare l’orto da giuocare alle palle. In tali ritrovi facevasi di notte giorno, ed, oltre le partite di giuoco, davansi feste di ballo, e musicali accademie. Nelle sere di sabato, dopo la mezzanotte, s’imbandivano grasse cene sotto la moderata proposta di mangiar le frittelle, e splendida principalmente era la cena della prima sera di quaresima con abbondanza di pesci e di crostacei. Consunta la notte, si recavano talvolta le liete brigate, quando la stagione era propizia, a smaltire i cibi e le bevande, visitando, sul rompere dell’alba, l’Erberia.

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