Barbo

Barbo (Ramo Corte, Corte, Ramo Corte seconda) a S. Pantaleone. Affermano le cronache che i Barbo vennero da Roma nei primi tempi, e che erano tribuni antichi, saggi e prudenti, di natura allegra, buoni compagni, et ingegnosi nelle cose del mar.

Il Codice 183, Classe VII, della Marciana, fa prova che questa famiglia aveva possessioni in parrocchia di S. Pantaleone fino dall’anno 1188. Anche nel 1379 abitavano a S. Pantaleone quei patrizi Barbo, i quali facevano fazione all’Estimo del Comune. Fra questi Pantalon Barbo il piccolo venne impiegato dalla Repubblica in importanti servigi, ed incontrò grandemente l’odio di Francesco di Carrara, signore di Padova, che nel 1372 spedì alcuni emissari per farlo trucidare. La trama andò a vuoto, avendone avuto sospetto (come si legge nella cronaca manoscritta del Caroldo, Codice 141, Classe VII della Marciana) Cattaruzza meretrice nel Castelletto, che era luogo in Rialto deputato a peccatrici, et insieme Margarita per alcune parole che li disse la Gobba la quale teneva marzaria dietro S. Marco. Gli assassini quindi furono giustiziati, e premiate le donne rivelatrici del fatto. Nicolò Barbo q.m Giovanni, pur esso da S. Pantaleone, avendo ritrovata gravida d’un proprio servo Bona Tartara, che teneva in casa come schiava, fortemente bastonolla cum un bigolo ab acqua. La schiava, giurando vendetta, corse tosto a comperare dell’arsenico in una prossima farmacia, e lo cacciò nella minestra del padrone, onde questi in breve morì. Essa, per sentenza della Quarantia Criminale 19 maggio 1410, venne condannata ad essere condotta pel Canal Grande legata ad un palo sopra una peata, mentre un banditore gridava ad alta voce il di lei misfatto, ad essere quindi strascinata a coda di cavallo per la città fino in mezzo alle due colonne di S. Marco, e colà pubblicamente abbruciata.

Fra i distinti di casa Barbo nomineremo quel Lodovico che nel 1437 venne eletto vescovo di Treviso, e quel Pietro che il 30 agosto 1464 salì al trono pontificio col nome di Paolo II. Vedi Papa (Sottoportico e Corte del). I Barbo andarono estinti nel secolo trascorso. L’antica loro casa dominicale di S. Pantaleone è nominata dal Ridolfi (Delle Maraviglie dell’Arte, ovvero Delle Vite degl’illustri Pittori Veneti e dello Stato) colle seguenti parole: In casa Barba a S. Pantaleone miransi nell’intavolato d’una stanza un capriccio de’ sogni et alcune deità in un cielo con varie imagini delle cose apportate nel sonno alle menti de’ mortali, e le quattro stagioni in figura nel recinto. Tali pitture erano del Tintoretto. Sulle scale poi dello stesso palazzo, che poscia appartenne ai Bembo, esisteva un simbolo marmoreo molto antico, disegnato dal Grevembroch (Veneziane Curiosità Sacre e Profane al Civico Museo) (1).

Note di Lino Moretti

  1. Il soffitto del Tintoretto si trova dal 1923 nell’Institute of Arts di Detroit U.S.A.).

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