S. Vidal

S. Vidal (Campiello, Campo, Traghetto, Rio di). Il doge Vitale Falier eresse la chiesa di San Vitale nel 1084. Dopo l’incendio del 1105 essa venne rialzata, e riedificata un’altra volta sul finire del secolo XVII per cura del pievano Teodoro Tessari. Il prospetto s’innalzò per legato del doge Carlo Contarini sul disegno d’Andrea Tirali. Lo adornarono i busti del doge Contarini, della dogaressa sua moglie, e del pievano Tessari scolpiti da Giuseppe Gnoccola. Nel 1810 questa chiesa, per lo innanzi parrocchiale, divenne succursale di S. Stefano.

Al basso della sua torre esistono due lapidi romane, che, secondo il Sansovino, si trasportarono da Pola, e che, come vuolsi, formavano ambedue un sol pezzo.

Il clero della chiesa di S. Vitale nel giorno del santo titolare andava annualmente in processione al vicino traghetto per incontrare il capitolo dei SS. Gervasio e Protasio, al quale presentava un mazzetto di fiori, conducendolo poscia a cantar messa nella propria chiesa. Tali formalità praticava vicendevolmente verso il clero di S. Vitale quello dei SS. Gervasio e Protasio quando celebrava la propria festa, e ciò perché S. Vitale fu padre dei SS. Gervasio e Protasio.

In Campo di S. Vitale eravi il bersaglio pel sestiere di S. Marco, e di esso fa menzione una sentenza del 4 agosto 1335, colla quale condannossi in lire 700 un Thomadus de Thomado, che incontrò colà una fanciulla di nome Soprana, figlia di Bartolammeo da Pirano, e condottala sotto il portico della chiesa della Carità, ebbe seco lei per forza copula carnale. Delle lire 700, duecento dovevano servire per maritare o monacare la mal capitata.

Leggiamo nel Giornale della sacrestia di S. Stefano che nel 2 aprile 1556 una donna partorì in parrocchia di S. Vitale sette bambini ad un punto, i quali furono sepolti nel cimitero dei padri di S. Stefano.

Presso S. Vitale, in Canal Grande, ritrovossi nel 1584 una fontana d’acqua dolce. Vedi la Canzone fatta nel tempo che si ritrovò una fontana in Canal Grande presso S. Vitale del 1584, stampata dopo il Panegirico del Signor Mutio Sforza detto a Venetia sotto il nome di Reina. In Venetia, appresso Domenico e Gio. Battista Guerra fratelli, MDLXXXV.

Abitava in parrocchia di S. Vitale quel Nicola Faragone, figliuolo d’un contadino d’Ariano in Puglia. Costui si era messo da principio in pratica appresso un avvocato della sua patria, ma, avendolo derubato, e poscia avendo commesso altro grosso furto a danno di D. Costanzo della Noce, nella cui casa praticava come maestro dei figliuoli, era stato scoperto, e messo in prigione. Di là fuggito, venne a Venezia, ove si fece amico di due meretrici napoletane, madre e figlia, l’una Fortunata, e l’altra Leonora appellate. Allo scopo d’appropriarsi quanto esse possedevano, una notte le uccise, e fattele a pezzi, le nascose in un baule, al quale, per mezzo d’una corda, legò una grossa pietra che copriva la pila del pozzo di casa. Poscia, avendo preso barca, si condusse al Canale della Giudecca, e colà giunto, gettò in acqua il baule, e la pietra. Ma essendo troppo lunga la corda, onde l’uno all’altro erano raccomandati questi arnesi, volle il caso che essa andasse a traverso della gomena d’un naviglio colà stanziato. Ciò fece sì che, restando a cavalcioni da una parte il baule, e dall’altra la pietra, si scoprisse ben presto il delitto, ed il reo venisse condannato il 12 settembre 1729 ad aver tagliata la testa, e ad essere poscia diviso in quattro parti da affiggersi nei soliti luoghi.

In parrocchia di San Vitale abitava il poeta satirico Bartolammeo Dotti, il quale, ferito il 27 gennaio 1713 (1712 M. V.) in Calle della Madonna a S. Angelo, venne a morte il giorno successivo. Così nel Necrologio parrocchiale: Adì 28 genaro 1712 M. V. Il Signor Cav. Bartolomio Dotti, d’anni 64 in circa, noncio del territorio di Brescia, ferito in tre luochi non si sa da chi, a quattr’hore incirca, sarà fatto sepelir da suoi germani con cap.

A San Vitale venne a morte il 2 gennaio 1784 M. V. il celebre compositore di musica Baldassarre Galuppi, detto il Buranello.

Era domiciliato a S. Vitale, e precisamente nel palazzo Cavalli, più anticamente Gussoni (palazzo oggidì splendidamente ristaurato dal barone Franchetti), il celebre conte Alessandro Pepoli, autore di tragedie, e traduttore di poemi, che nella sua abitazione dava rappresentazioni teatrali, ed accademie di canto. Qui raccoglievasi del pari l’accademia dei Rinnovati, primo ornamento della quale era il suddetto Alessandro Pepoli. Questo palazzo fu sede pur anche dell’arciduca d’Austria Federico, decesso nel 1846, e per vari anni appartenne al conte di Chambord.

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