S. Martino

S. Martino (Parrocchia, Campo, Rio, Piscina di). La chiesa parrocchiale di S. Martino venne eretta nel principio del settimo secolo sopra una delle isole chiamate Gemini, o Gemelle, dai popoli di terraferma, che fuggivano l’invasione dei Longobardi. Fu poscia rifabbricata in epoca incerta principalmente dalla pietà delle famiglie Vallaressa, e Saloniga. Essa rimase soggetta al patriarcato di Grado finché la mensa di Grado passò nel patriarcato di Venezia. Nel 1540 si rinnovò sul modello del Sansovino, e consecrossi nel 1653. Il circondario di questa parrocchia ebbe qualche riforma nel 1810. Allora si aggregarono ad essa alcune frazioni delle soppresse parrocchie di S. Ternita e di S. Biagio, ma se le tolsero alcune altre per unirle alla parrocchia di San Giovanni in Bragora.

Scrive il Corner, nel suo compendio in lingua italiana delle Chiese Venete e Torcellane, che la prima abitazione dei Domenicani fu presso la chiesa parrocchiale di S. Martino, leggendosi in documenti pontifici, segnati negli anni 1226 e 1229, nominato il Priore della chiesa di S. Martin di Venezia dell’ordine dei predicatori, quale fu da Gregorio eletto fra i Visitatori Apostolici di alcune chiese.

In parrocchia di S. Martino abitava nel 1537, colla sorella Polissena, Cassandra Fedel, fo de m. Anzolo, che noi abbiamo veduta decessa nel 1558 presso la chiesa di S. Domenico.

Nella stessa parrocchia possedeva tre casette, una delle quali faceva servire per uso proprio, l’architetto Antonio Da Ponte. Vedi la notifica ch’egli presentò ai X Savii nel 1566.

Presso la chiesa di S. Martino, il 4 gennaio 1726, il conte Domenico Althan di S. Vito del Friuli, figliuolo del conte Giacomo, d’anni 31, uccise a tradimento, con un colpo di trombone, Gaetano Marasso, soprannominato Rinaldo Sora, Sopraintendente all’Artiglierie. Non avendo ottemperato alla citazione di comparsa, fu il successivo 1° aprile bandito capitalmente. Poscia, lasciatosi catturare in Piazza di S. Marco, venne il 6 novembre 1727 giustiziato. In quel giorno, come dice il Benigna, era vestito in codegugno di drappo di seda, e parrucca in sacchetto, et andando al supplizio salutava li suoi amici. Sopra il palco ha parlato un quarto d’ora, et in fine, avendo il collo sopra il ceppo, disse: Popolo addio!

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