Peschiera

Peschiera (Corte, Ramo Corte) a S. Martino. E’ cosa molto probabile che qui resti memoria di quell’antica piscina, o peschiera, che nel secolo XIV fu argomento d’una contesa fra il gentiluomo Marco Celsi, e fra i patroni dell’Arsenale, ed altri vicini, volendo il primo che fosse di sua privata proprietà, ed i secondi di ragione comune. Esiste nel Codice del Piovego la relativa sentenza, uscita l’anno 1329 a danno del Celsi. In un punto di essa si dice che la suddetta piscina, quae dicitur piscaria, aprivasi post bersalium S. Martini inter arsenatum comunis, et possessiones D. Marci Celsi de confinio S. Trinitatis. In un altro punto che il logo dito peschera giaceva nella contrà di S. Trinità appresso l’Arsenà del Comune. In un terzo finalmente che tale peschiera era posta inter convicinantes S. Martini et S. Trinitatis et arsenatum comunis. Ora si getti uno sguardo alla Corte ed al Ramo Corte Peschiera attualmente esistenti, e vedrassi che si stendono fra la Calle tuttora chiamata Celsi, e l’Arsenale. Vedrassi in secondo luogo dagli Estimi che queste località, quantunque comprese nello antico circondario di S. Ternita, erano, per così dire, a cavaliere delle due antiche parrocchie di S. Ternita e di S. Martino. Sembra poi che la peschiera di cui trattiamo abbracciasse, prima del suo interramento, uno spazio molto più esteso di quello abbracciato oggidì dalla Corte, e dal Ramo Corte, che ne portano il nome.

Presso Corte Peschiera a S. Martino, esisteva il piccolo ospizio di S. Orsola, così detto perché un tempo era sotto la direzione delle due scuole di S. Orsola e dei Mercanti. Esso, con un prossimo oratorio, era stato eretto sotto il titolo di S. Giovanni Battista, nel 1318 per testamento di Zuane Polini a beneficio di tre poveri marinai. E qualche povero ha qui tuttora gratuita abitazione. Nel suddetto ospizio fu accolto Andrea Chiribiri, ultimo piloto, od ammiraglio del bucintoro, dal cui cenno dipendevano il Doge e la Signoria per muovere al Lido in occasione del celebre sposalizio del mare. Il Chiribiri era entrato l’anno 1826 nella Casa di Ricovero, ma trattenutosi un giorno solo nell’istituto inquietissimo, e ripugnante a vestir l’abito, la mattina seguente rifiutò il benefizio, dichiarando ch’egli galantuomo non sapea star fra i birbanti. Due anni appresso, costretto dalla miseria, dovette riparare nell’Ospizio di S. Orsola, ove poco dopo venne a morte. Vedi il conte Pier Luigi Bembo: Degli Istituti di Beneficenza nella Città e Provincia di Venezia. Venezia, Naratovich, 1859. Questo Chiribiri, caduta la Repubblica, avevasi sbracciato grandemente per la Democrazia, ed aveva ricevuto in dono dai demagoghi, a nome di Venezia riconoscente, un cammeo di calcedonio orientale, rappresentante la testa di Giove Oleario, sottratto dalla biblioteca di San Marco.

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