Sabbionera

Sabbionera (Sottoportico e Corte) alla Ca’ di Dio. Questa Corte, che, col Sottoportico, trovasi chiamata anche dei Sabioneri, e che giace in parrocchia di S. Giovanni in Bragora, quasi di sotto al palazzo Gabriel, ricorda l’arte dei Sabioneri, o venditori di sabbia. Trifon Gabriele notificò nel 1537 di possedere una casetta in parrocchia di S. Giovanni in Bragora, in Corte dei Sabioneri, stà Rado Sabioner. E nell’anno medesimo un Antonio Gabriel affittava a Polo sabioner un’altra casetta posta alla Bragola, in Corte dei Sabioneri, sotto la casa granda. Anche le barche dei Sabioneri stanziavano in prossimità, poiché trovasi nella Raccolta delle leggi appartenenti al magistrato delle Acque: Luogo assegnato all’arte dei Sabioneri per passa otto alla Ca’ di Dio dietro la fondamenta; 1664, 5 febbraio. I suddetti artieri avevano scuola di divozione nella chiesa di S. Giovanni in Bragora, sotto il patrocinio di S. Andrea. Oltre il portar sabbia per le fabbriche, servivano a portar zavorra pei bastimenti. La loro confraternita fu soppressa nel 1773.

Altre località di Venezia appellaronsi dall’arte dei Sabioneri, fra le quali è celebre la Corte Sabbionera a S. G. Grisostomo, che anticamente si chiamava Corte del Milione, perché vi sorgeva il palazzo del celebre viaggiatore Marco Polo, soprannominato Milione. Partitosi egli da Venezia circa l’anno 1271 col padre Nicolò e collo zio Matteo, attraversò il continente asiatico, e giunse alla corte di Cublay, gran signore dei Tartari, da cui fu incaricato di varie ambascierie, ed in gran conto tenuto. Essendo nel 1295 ritornato a Venezia coi suoi compagni, dopo avere percorso moltissime regioni ignote fino allora agli Europei, picchiarono tutti e tre alla propria casa, ma, vestiti com’erano in rozzi panni alla foggia di Tartaria, non vennero riconosciuti dai parenti. Allora fecero imbandire solenne convito, a cui intervennero in vesti di raso chermisino, che ben presto tagliarono a pezzi e dispensarono ai servi. Quindi, indossarono toghe di damasco, dopo le quali altre di velluto, dispensandole ai servi pur esse. Finalmente comparvero vestiti alla veneziana, abbigliamento che valse a farli riconoscere dagli astanti. Raccontasi che in questo punto Marco Polo traesse fuori i rozzi vestiti da viaggio, e tagliandoli con un coltello, ne facesse uscire grandi tesori in diamanti e pietre preziose. Egli fu d’allora in poi sommamente onorato da’ suoi concittadini, non mai sazii di fargli ripetere tutte le molteplici avventure da lui incontrate: E perchè, dice il Ramusio, nel continuo raccontare ch’egli faceva più e più volte della grandezza del Gran Can, dicendo l’entrata di quello essere da dieci in quindici milioni d’oro, e così di molte altre ricchezze di quei paesi riferiva tutto a milioni, gli posero per cognome messer Marco Milioni, che ancora nei libri pubblici di questa Repubblica, dove si fa menzione di lui, ho veduto notato. E la Corte della sua casa da quel tempo in qua è ancor volgarmente chiamata del Milione. Il Barbaro, parlando dei Polo, dice in quella vece: E loro dal volgo erano detti da cha Milion perchè la fama era ch’avevano in gioje per la valuta d’un milione. Il Milione chiamossi pure il libro dei viaggi intrapresi da Marco, ch’egli, fatto prigione nel 1298 dai Genovesi, dettò in carcere al suo compagno di sventura Rusticiano da Pisa, libro il quale, come sembra abbastanza provato, fu steso per la prima volta in lingua francese. Marco Polo, liberato dalla prigionia nel 1299, e ritornato a Venezia vi fece il proprio testamento nel 1324, morendo probabilmente nell’anno medesimo, e venendo sepolto in S. Lorenzo. Il di lui palazzo a San Giovanni Grisostomo, che nel secolo XV vuolsi passasse nei Trevisan, patì nel 1597 gravissimo incendio. Poscia, coll’indicazione di vecchia casa rovinata dalle sue fondamente, passò in proprietà di Stefano Vecchia, da cui nel 1678 comperollo Giovanni Carlo Grimani onde farvi sorgere il teatro di San Giovanni Grisostomo. In Corte Sabbionera ne esistono ancora alcuni avanzi, il più importante dei quali è una porta sopra cui s’involta un ben ornato arco ad alto peduccio, di arabo stile. Per tutto ciò che spetta a Marco Polo vedi la pubblicazione, fatta in inglese dal colonnello Henry Yule col titolo Marco Polo e il suo libro, la cui erudita prefazione venne volgarizzata dal ch. cav. Guglielmo Berchet, e pubblicata nel volume II dell’Archivio Veneto.

Note di Lino Moretti

  1. La corte alla Ca’ di Dio è ora chiusa (N.A. 4093-97).
  2. Dal 1889: Corte del Milion. La denominazione è stata estesa indebitamente anche alla vecchia Corte del Forno, che si chiama ora Corte prima del Milion.

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