Fontego dei Turchi

Fontego dei Turchi (Salizzada del) a S. Giovanni Decollato. I Turchi, massimamente dopo la metà del secolo XVI, frequenti vedevansi in Venezia. Sparsi dapprima, troviamo che nel 1571 abitavano in Cannaregio nel palazzo di Marcantonio Barbaro, bailo a Costantinopoli, ove, essendo in quell’anno successa la vittoria delle Curzolari, stettero rinchiusi per quattro giorni per il dubbio che havevano d’essere lapidati dai putti, facendo mille segni di mestitia col rotolarsi per terra, battersi il petto, pelarsi li mostacchi, e graffiarsi il viso e le carni. Vedi Rocco Benedetto (Ragguaglio dell’Allegrezze, Solennità e Feste fatte in Venetia per la felice Vittoria, ecc., Venezia, Perchacino, 1571). Nel 1574 un Francesco de Demitri Litino propose al Senato di raccoglierli in un albergo, di cui egli ed i suoi discendenti fossero i custodi. Accolta il 16 agosto 1575 la proposta, si elesse a tale oggetto una casa d’un Bartolammeo Vendramin a S. Matteo di Rialto, la quale serviva d’osteria all’insegna dell’Angelo. Senonché poscia pensossi di ritrovare stabile più acconcio, e varii ne furono offerti, fra i quali nel 1579 uno dei Gabrieli ai SS. Giovanni e Paolo in Calle della Testa. Ma i Turchi, qualunque se ne fosse la causa, non si partirono da S. Matteo, trovandosi che anche nel 1621 erano colà domiciliati. In questo anno il doge Antonio Priuli loro assegnò un palazzo, posto a cavaliere delle due antiche parrocchie di San Giacomo dall’Orio e di S. Giovanni Decollato, eretto, secondo il genealogista Barbaro, nella prima metà del secolo XIII dai Pesaro; comperato nell’anno 1381 dalla Repubblica per farne un dono a Nicolò d’Este, allora semplice marchese di Ferrara; confiscato agli Estensi nel 1482, e nel 1509; dato poco dopo dalla Repubblica a papa Giulio II; donato da costui nel 1520 ad Altobello Averoldo legato apostolico, il quale vi ebbe domicilio, al pari del di lui successore Benedetto Campeggio; restituito agli Estensi nel 1527; cesso nel 1602 da Cesare d’Este al cardinale Aldobrandini, nipote di Clemente VIII, e tosto dopo acquistato dal suddetto Antonio Priuli prima di salire al soglio ducale. Tale palazzo, ove albergarono molti principi, e, come vogliono alcuni, il divino cantore della Gerusalemme quando venne a Venezia col duca Alfonso di Ferrara per incontrarvi Enrico III re di Polonia e di Francia, è d’architettura greco-barbara mista all’arabica, e certamente nel fabbricato si misero in opera materiali di edificii più antichi. Installati che vi furono i Turchi, si diede nuova forma al locale nell’interno, e vi si elesse per direttore G. Battista Litino, nipote di Francesco. Quindi si venne a comandare la chiusura delle finestre e delle porte, ad eccezione della grande sulla pubblica via; vietossi alle donne ed agli imberbi l’accesso; s’interdisse l’introduzione di polvere, ed armi da fuoco, ed altre molte leggi si promulgarono, commesse alla magistratura dei Cinque Savii alla Mercanzia, che erano cinque nobili pratici del navigare e mercanteggiare, le sentenze dei quali negli affari appartenenti alla nazione Mussulmana erano inappellabili. Ad uso della nazione medesima servì il fondaco fino al 1838, in cui l’appaltatore Antonio Busetto, soprannominato Petich, ne fece acquisto dal conte Leonardo Manin, legatario di Pietro Pesaro nella cui famiglia lo stabile era ritornato pel matrimonio con una Priuli fino dal 1648. Allora Saddo-Drisdi, l’ultimo Turco che rimaneva in queste soglie, fu costretto ad abbandonarle, non senza però che egli vi riluttasse a tutta forza, e sdegnato perciò, partisse improvvisamente da Venezia. Nel 1860 il Fondaco dei Turchi fu ottenuto in enfiteusi dal nostro Comune che, impetrati 80.000 fiorini dal Governo Austriaco, s’accinse a ristaurarlo, sotto la direzione dell’ingegner Federico Berchet. Nel 1869, sei giugno, se ne scoprì al pubblico la facciata ridotta, per quanto fu possibile, alla sua originale condizione col rialzamento delle due torricelle laterali, già demolite per decreto della Repubblica 27 maggio 1627. E compiuti in seguito gli interni ristauri, qui si potè trasportare dal vicino casamento, legato da Teodoro Correr, il Civico Museo, la cui inaugurazione successe il 4 luglio 1880.

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