S. Marcuola

S. Marcuola (Campo, Rio, Traghetto). La chiesa dei Santi Ermagora e Fortunato, vulgo S. Marcuola, venne fondata, come si crede, dai profughi del continente all’epoca dell’invasione dei Longobardi sopra un’isola chiamata Lemeneo, e rifabbricata nel secolo XII dalle famiglie Memmo e Lupanizza dopo un incendio che, sviluppatosi in causa d’orribile terremoto, l’aveva distrutta. Ebbe consecrazione nel 1332, oltreché sotto il titolo dei Santi Ermagora e Fortunato, sotto quello della Beata Vergine e di S. Giovanni Battista, del qual Santo conserva tuttora la destra, trasportata d’Alessandria, e rimasta, come si crede, miracolosamente illesa dall’incendio summentovato. Un’altra volta fu rifabbricata questa chiesa dal 1728 al 1736 sul disegno di Giorgio Massari. Ebbe l’ultima consecrazione nel 1779 per cura di Federico Maria Giovanelli patriarca di Venezia. Non si sa l’epoca dell’istituzione della parrocchia. Nel 1810 le si aggregò tutta quella di S. Maria Maddalena, e parte di quella di S. Leonardo e S. Fosca, allora soppresse. Ma nell’atto medesimo le furono tolti i circondarii di S. Girolamo, S. Alvise e Rio della Sensa per unirli a S. Marziale.

Sopra il portico dell’antica chiesa di S. Marcuola eravi un romitaggio ove abitavano prima tre, e poi sei donne, ascritte alla regola di S. Agostino. Esse avevano un piccolo oratorio sacro al loro santo che fu consecrato nel 1610 da Girolamo Porzia, vescovo d’Adria. Ma essendo coll’andar degli anni divenuta rovinosa la chiesa di S. Marcuola ottennero di trasferirsi in parrocchia dei SS. Gervasio e Protasio, ove nel 1693 fondarono la chiesa, ed il convento dell’Eremite di cui abbiamo fatto parola.

Scrive il Magno che il doge Tribuno Memmo, eletto nel 979, fece far un palazzo a S. Marcuola, e lì abitava. Ciò successe, come spiegano altre cronache, perché il palazzo ducale, arso nella sollevazione popolare contro Pietro Candiano IV, non era ancora in quel tempo rifabbricato. Del palazzo dei Memmo a S. Marcuola, parla il Caroldo, dicendo che, giunto a Venezia nel 1230 l’imperatore Federico, volle vedere le precipue case, e massimamente quella dei Memmi a S. Marcuola, allora stimata più grande et meglio adornata delle altre. Questo palazzo passò poscia in mano dei Martinengo, ed in più modeste proporzioni venne rifabbricato. Vedi Gritti e Martinengo (Fondamenta).

Di faccia la chiesa di S. Marcuola, in Canal Grande, i tre fratelli Tristano, Nicolò e Giovanni Savorgnan, aiutati dai loro domestici, uccisero per mezzo di schioppettate, mentre erano in gondola il 1° agosto 1549, il conte Luigi Dalla Torre, ferendo pure il conte G. Battista Colloredo, ed altri. Perciò il 27 dell’istesso mese venne bandito il fuggitivo Tristano, e puniti in seguito quelli che caddero in potere della giustizia. Credesi che il Dalla Torre sia stato sepolto in quella cassa di legno posta nell’alto della chiesa dei Frari, sopra la porta per cui si passa nel chiostro, cassa che erroneamente fu scritto contenere invece le spoglie di Francesco Carmagnola. Vedi la lettera sopra questo argomento diretta dal Cicogna al Paravia il 13 giugno 1854, ed inserita nella Rivista contemporanea di Torino dell’anno medesimo.

In parrocchia di S. Marcuola abitò e venne a morte il pittore veronese Bonifazio. Leggesi nel necrologio parrocchiale sotto il 19 ottobre 1553: Sier Bonifatio depentor amalà lungamente. Di questo pittore, che nel 1530 trovasi ascritto, coll’appellativo di Veronese, nel registro della Veneta compagnia dei Pittori, e che è ben diverso dall’altro pittore Bonifazio, suo più celebre contemporaneo, da alcuni ritenuto Veneziano, possiamo i primi dare a conoscere il casato. Imperciocché fra le Notifiche della parrocchia di S. Marcuola, presentate ai X Savii in occasione della Redecima del 1537, abbiamo ritrovato anche quella del nostro pittore, ov’egli, dichiarandosi proprietario d’alcuni campi e d’una casetta con brolo a S. Zenone sotto Asolo, si dice Bonifatio pittor fo de S. Marco de Pitatis Veronese.

Nella stessa parrocchia abitava Olimpia Malipiero, figliuola di Leonardo, che scrisse alcune rime eleganti, e che assai immaturamente venne da morte rapita. Abbiamo nei Necrologi Sanitari: 1569, 23 Giugno. La mag.ca madona Olimpia Malipiero venuta morta dalla villa, ma amalata di febre già 10 giorni, d’anni 24 – S. Marcuola.

A S. Marcuola abitava pure Andrea Calmo, bizzarro scrittore e recitatore di commedie. Il Parabosco dice ch’egli col suo recitare dava quel giocondissimo e nobilissimo piacere a tutta Venezia ch’ella maggiormente desidera, e poi nella lettera scrittagli nel carnovale del 1548 così soggiunge: Mi par vedervi sopra le scene farvi schiavi quanti vi veggono et odono. Anche il Doni scrisse: Io ho quell’Andrea Calmo per un bravo intelletto che almanco egli ha scritto mirabilmente nella sua lingua (cioè nel dialetto veneziano) et ha fatto honore a sè ed alla patria. Così i Registri Sanitarii fanno ricordo della sua morte: 1570. Adì 23 febb. Andrea Calmo d’anni 61, da febre giorni 10 – S. Marcuola.

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