Chiovere

Chiovere (Calle larga o Campiello, Ramo, Ramo e Corte delle) a S. Rocco. S’appropria questa denominazione, altrove ripetuta, ad alcuni vasti tratti di terreno, ove, dopo la tintura, asciugavansi i panni lani. Tali luoghi, come scrive il Gallicciolli, servivano anticamente ai pascoli, ed erano chiusi all’intorno. Perciò negli antichi documenti si denominano clauderiae, da cui chiovere. Senonché altri, con maggior verità, fanno derivare la voce chiovere dai chiovi, o chiodi, attaccati agli assi, sopra i quali stiravansi i panni. Certamente esisteva l’arte dei Chiovaroli, che, quando andò decadendo il lanificio, decadde anch’essa, ma che mantenevasi ancora al tramonto della Repubblica, senza garzoni, senza lavoranti, contando soltanto otto capi maestri, e sei loro figliuoli. I Chiovaroli si raccoglievano in chiesa di S. Geremia sotto l’invocazione di S. Francesco di Paola.

Le Chiovere si prestavano talvolta al giuoco del pallone, ed alle caccie dei tori, fra le quali era celebre quella che davasi nelle Chiovere di Cannaregio, chiamata la Festa dei Diedi, perché gl’individui della famiglia Cavagnis, di professione beccai, invitavano ad essa in un giorno di carnovale i Diedo da S. Lorenzo, con quanti parenti, amici, ed aderenti volevano condur seco, imbandendo a tutti una lauta mensa, che fu talvolta di 80 coperti. La caccia era ricca di 100 tori, ed i tiratori venivano eletti dai Diedo per via di viglietti. Vedi M. Battagia, Cicalata sopra le Cacce di Tori Veneziane. Venezia, Merlo, 1844.

Le Chiovere di S. Rocco appartenevano alla chiesa di San Pantaleone per lascito del pievano Jacopo Bertaldi, morto nel 1315. Nel 1390 quella chiesa le diede a livello ad un Francesco dall’Oro, dai discendenti del quale passarono poscia col medesimo titolo alla Confraternita di S. Giovanni Evangelista.

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