Cavalletto

Cavalletto (Sottoportico, Ponte, Rio, Calle del) a San Marco. Queste strade, soggette un tempo alla parrocchia di San Geminiano, presero il nome da un’osteria, tuttora aperta all’insegna del Cavalletto. Abbiamo molti dati per crederla una delle più antiche di Venezia. In quella Mariegola della Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia, che principia coll’anno 1308, ed arriva al 1499, trovasi ascritto come confratello un Giacomello De Gratia dal Cavalletto da San Geminiano, il quale probabilmente è quel medesimo Giacomo del Cavaleto, che nella suddetta parrocchia fece prestiti alla Repubblica nel 1379. Nel 1398 un Zaninus dal Cavaleto tabernarius ad Cavaletum in S. Marco ebbe una condanna per usare nella propria osteria vasi di vino di minor tenuta del prescritto. Un Armanus de Alemania q. Petri hospes ad hospitium Cabaleti in S.to Marco, avendo ricettato Catterina da Ferrara, fanciulla di circa 10 anni, che, per timore di percosse, era fuggita di casa, ed era stata ritrovata piangente di sera presso la chiesa di S. Marco da un Nicolò tedesco, prestinaio, le tolse quella notte medesima il fiore virginale. Egli perciò, con sentenza 25 settembre 1413, venne condannato ad un anno di carcere, ed alla multa di 100 ducati, da depositarsi alla Camera dei Imprestidi, per maritare a suo tempo la fanciulla. Essendo questa passata ad altra vita, la multa si devolse al Comune, ma l’oste ebbe grazia di pagarla in rate da 10 ducati per anno. L’osteria del Cavalletto trovavasi aperta anche nel secolo XVI, e precisamente nel 1566 veniva condotta da un certo Brunetto, che in prossimità conduceva un’altra osteria all’insegna del Leon Bianco.

La Calle del Cavalletto chiamasi anche Calle di Fianco la Chiesa perché costeggia l’oratorio di S. Gallo.

Avendo messer Bernardo Giustinian q. Lorenzo q. Bernardo, da S. Moisè, confabulato a lungo, appoggiato al Ponte del Cavalletto, detto anche Ponte di Campo Rùsolo, con una donna colà presso domiciliata, già fantesca di Nicolò Aurelio, secretario dei X, ed allora maritata con uno scrivano al Magistrato del Forestier, ed essendo per entrare in casa colla medesima, venne ferito mortalmente, per gelosia, da messer Angelo Bragadin, q. Pietro, il 6 luglio 1515, a tre ore di notte. Strascinatosi il misero fino in Campo Rusolo, colà cadde, e la mattina fu ritrovato freddo cadavere. Dice il Sanudo: E’ stà acerbissimo e miserando caxo, tanto più quanto (il Giustinian) governava la famegia soa e havia optima fama fra tutti. Era bello e savio, ma la faza (avea) manzata da varuole; in reliquis ben proportionato. Era in zipon co la scufia in testa, et senza arme. Per tale delitto il Bragadin, citato a comparire e resosi contumace, venne capitalmente bandito il 14 agosto dell’anno medesimo.

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