S. Agostino

S. Agostino (Campo, Campiello). La chiesa di S. Agostino fu edificata nel 959 da Pietro Marturio vescovo di Olivolo, il quale, per testamento, volle che fosse assoggettata ai vescovi suoi successori (1). S’abbruciò tre volte, cioè 1105, 1149, e 1634, dopo i quali incendi venne sempre rifabbricata. Ebbe l’ultima consacrazione nel 1691. Durò parrocchiale fino al 1808, in cui, per la prima concentrazione, divenne succursale, e poscia nel 1810 fu chiusa. Servì quindi ad uso di magazzino, e finalmente nel 1873 andò demolita (2).

In parrocchia di S. Agostino, e precisamente in Campiello del Remer, sorgeva la casa dei Tiepolo, che diede stanza al doge Jacopo Tiepolo dopo la sua abdicazione successa nel 1249, e che nel 1310 venne atterrata per la famosa congiura Tiepolo-Querina. Vedi Remer (Campiello del).

V’era pure la casa dei Morosini, sopra la facciata della quale scorgevasi il piede d’uno dei quattro cavalli di bronzo stanti sul pronao della basilica di S. Marco, che erasi accidentalmente rotto nel trasporto da Costantinopoli a Venezia sulla galea di Domenico Morosini nel 1205. Allorquando si dispose che i cavalli suddetti servissero d’ornamento alla basilica, il piede mancante si fece di nuovo, e l’antico, rimasto ai Morosini, venne, come dicono le cronache, collocato sul prospetto di questa loro casa, che, coll’andar del tempo, passò nei Contarini, e che anche nei secoli XV e XVI era ricca della summentovata memoria.

Nella medesima parrocchia trovavasi, come si dice, un locale ove di sera soleva anticamente radunarsi la nobiltà per divagarsi dalle gravi cure della giornata. Ciò prima che si aprisse il Ridotto di S. Moisè.

In Rio Terrà Secondo a S. Agostino, sopra la casa al N. A. 2311 l’abate Zenier fece collocare l’epigrafe seguente: Manucia Gens Eruditor. Nem. Ignota Hoc Loci Arte Tipographica Excelluit. Qui però noteremo sapersi di certo che Aldo Manuzio il vecchio teneva la propria Stamperia a S. Agostino; apparire tuttavia che Paolo Manuzio, ed Aldo il giovine la tenevano invece a S. Paterniano, ove forse negli ultimi anni della sua vita avevala trasportata anche Aldo il vecchio, sapendosi che in questa chiesa gli vennero fatti i funerali, e fu provvisoriamente tumulato; non sembrare quindi espressione esattissima quel Manucia Gens dell’epigrafe citata. Quanto poi al sito preciso della stamperia di Aldo il vecchio a S. Agostino, faremo osservare che nel libro di Firmin Didot, pubblicato a Parigi nel 1875, ed intitolato Alde Manuce et l’Hellenisme à Venise, trovasi una lettera di Zaccaria Calergi a Giovanni Gregoropulo, diretta alla stamperia de messer Aldo Romano sul campo de Santo Agostino… el pestore. Ecco dunque provato che essa Stamperia non esisteva ove scorgesi l’epigrafe, ma bensì in Campo di S. Agostino. Con tutto ciò, allorquando nel 1877 gli studenti di lettere greche nello studio di Padova vollero donare a Venezia una nuova lapide in onore del Manuzio, collocossi anche questa, non senza l’intervento di dotti personaggi, vicino a quella dello Zenier, sanzionando così il pristino errore. Proponiamo adunque che le due lapidi di Aldo si pongano verso il Campo di S. Agostino. E poiché nella soprascritta della lettera del Calergi leggonsi quelle due parole: el pestore, precedute da altra parola, che, non potendosi forse rilevare nel manoscritto, venne sostituita da puntini, ma che potrebbe essere stata un di sopra, oppure un presso, le lapidi suindicate si trasferiscano sopra, o vicino la pistoria, che appunto è aperta in quel sito, e la cui esistenza è tanto antica da trovarsi fino nel catasto del 1661 una prossima strada contraddistinta, al pari di adesso, col nome di Ramo del Pistor.

In Parrocchia di S. Agostino, finalmente, morì G. Battista Gallicciolli, autore delle Memorie Venete, da noi molte volte citate. Così sta scritto nel Necrologio parrocchiale: 1806, 12 Maggio: il m. R. sig. D. Gio. Battista Gallicciolli q. Paolo veneto di anni 73, da nove giorni colto da emiplegia dal lato sinistro con febbre continua, remittente, mista a sintomi di lenta nervosa, questa mattina alle ore 11 circa finì di vivere per stasi cerebrale. Il suo cadavere dovrà essere tumulato al mezzo giorno circa. Santo Bianchi medico. Ed in aggiunta: Fu portato in San Cassan. Infatti, il Gallicciolli era alunno della chiesa di S. Cassiano, ed in essa scorgesi il suo busto con onorevole iscrizione.

Note di Lino Moretti

  1. La notizia risale al Dandolo; il primo documento noto è del marzo 1088 (Documenti, n. 17).
  2. Sullo zoccolo della chiesa è stato costruito il caseggiato che reca il N.A. 2305-2306.

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