SS. Giovanni e Paolo

SS. Giovanni e Paolo (Parrocchia, Campo, Rio, Salizzada). Giacomo Tiepolo, doge, regalò nel 1234 ai pp. Domenicani una palude qui posta perché vi fabbricassero un tempio ed un convento. Vorrebbero alcuni che anche prima sorgesse in questa situazione un oratorio ottenuto pe’ suoi frati da S. Domenico, e sacro a S. Daniele, e spiegano la donazione del Tiepolo raccontando com’egli nel 1226 scorse in visione il suddetto oratorio, e la piazza vicina ripieni d’olezzanti fiori con alcune bianche colombe che vi svolazzavano sopra, mentre due angeli profumavano l’aere con turiboli d’oro, e si sentivano dal cielo le seguenti parole: Questo è il luogo che scelsi a’ miei predicatori. Diedero forse causa a tale racconto, come osserva il Corner, i due angeli che con profumieri in mano veggonsi scolpiti sul sepolcro del Tiepolo, addossato alla facciata della chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, nonché un antico marmo, a lavoro di mezzo rilievo, rappresentante il profeta Daniele fra i leoni. Ottenuta la palude, i domenicani si misero tosto all’opera, ed il nuovo convento era già compiuto intieramente nel 1293, epoca nella quale potè albergare tutti i religiosi dell’ordine, raccolti a celebrarvi un capitolo generale. Il tempio però, a quanto sembra, incominciossi soltanto nel 1246, e, procedendo i lavori con lentezza, ebbe perfezionamento soltanto verso il 1430, in cui ricevette consecrazione sotto il titolo dei SS. Giovanni e Paolo (volgarmente S. Zanipolo). Se ne attribuisce il disegno a Nicolò da Pisa, oppure a fra’ Ristoro e fra’ Sisto domenicani. Questo tempio serviva ai funerali dei dogi, e visitavasi ogni anno dal Principe e dalla Signoria il giorno 26 giugno sacro ai santi titolari, a ricordo della famosa vittoria riportata in tal giorno nel 1656 sopra i Turchi ai Dardanelli. Havvi memoria che vi fu tempo in cui si voleva ridurlo a cattedrale. Nel 1810 divenne sede d’una nuova parrocchia formata con parte dei circondarii di S. Giustina, S. Maria Nuova, S. Marina, e S. Maria Formosa, parrocchie tutte, meno l’ultima, soppresse. Nel 1858 fu incominciato a restaurare a spese del governo austriaco. Nel 1867 ebbe incendiata e distrutta la cappella del Rosario. Vedi Rosario (Sottoportico e Corte del). Nel 1869 se ne isolò l’abside tracciandovisi dietro una via, che mette in comunicazione la Salizzada dei SS. Giovanni e Paolo col Campiello dell’Ospedaletto. E’ tuttora uffiziato dai Domenicani.

Quanto al convento, esso nel 1809 destinossi, coll’ospizio dei Mendicanti, colla scuola di S. Marco e colla Cappella della Pace, ad Ospitale Militare, e quindi nel 1819 ad Ospitale Civile.

Marcantonio Michiel, ne’ suoi Diarii manoscritti, così racconta alcuni disordini successi nel convento dei SS. Giovanni e Paolo: A dì 6 detto (ottobre 1516) era venuto el general delli frati conventuali di S. Domenico, mandato a chiamar, ovver sollicitato, dalli sig. Capi del cons. di X, però che li frati di S. Zane Polo erano in gran risse tra loro, et haveano date diverse querele un contra l’altro alli Capi, et massime fra Francesco Colonna havea querelato contro 4 o 5 de li primarii, et accusavali, inter cetera, de sodomia, suppresso tamen nomine. Il general, il Caietano, venne, et cominciò ad inquisir. Fra Francesco Colonna, o ch’el dubitasse non esser scoperto, et che fusse conosciuta la mano sua, essendo venuta la querela in le man del General, o per conscientia, essendo essi accusati innocenti, andò a confessar, et scoprir la calunnia, facendosi reo, et chiedendo perdono al General, el qual volse ch’el dimandasse perdono al Capitolo. Li frati accusati, intendendo l’autor della loro accusatione, fulminarono diverse querele contra di lui, et massime ch’el avesse sverginata una putta, et provorno il tutto, per il che il Generale el bandì de Venetia, et lo confinò a Treviso in vita, e ch’el non potesse più dir messa, né confessar, et bandì molti altri, chi per anni 5, chi per 10; fra gli altri fra’ Zanfior, et fra’ Martin dal Naso. Facendo riflesso alle date, non sembra che il protagonista di questo racconto sia il domenicano fra’ Francesco Colonna, detto il Polifilo, celebre pe’ suoi studi d’architettura. Né va dimenticato che in que’ tempi, anche un altro frate, chiamato Giovanni Francesco Colonna, viveva nel convento dei SS. Giovanni e Paolo. Vedi Le Memorie dei più insigni Pittori, Scultori ed Architetti Domenicani del p. Vincenzo Marchese.

Dietro la chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, verso la Barbarìa delle Tole, eravi un tempo, per testimonianza del Sabellico, un bersaglio ove si tirava d’arco e di balestra, come altri bersagli esistevano allo scopo medesimo in altri punti della città. Essendo alcuni di essi in mal ordine, si diede licenza nel 1440, 5 novembre, dal C. dei X, ut possint fieri reparationes necessariae pro bersaliis Venetiarum… incipiendo a bersaliis SS. Johannis et Pauli, S. Vitalis, Canaregli, S. Pauli, et S. Thomae.

In Campo dei SS. Giovanni e Paolo, e precisamente nell’atrio della cappella della Pace, venne sepolto nel 1355 Marin Faliero. Allorché nel principio del presente secolo si distrusse la cappella, disotterrossi il sarcofago dell’infelice doge, che, per riferta del Casoni, era una gran cassa di marmo, ove ritrovossi uno scheletro colla testa fra le ginocchia in segno che essa era stata tronca dalla spada della giustizia. Quei miserabili avanzi vennero allora trasportati nell’ossario di Sant’Arian, ed il sarcofago in una corte dell’Ospitale Civile. Ora però trovasi al Civico Museo.

Non molto dopo il supplizio e la tumulazione del Falier il Campo dei SS. Giovanni e Paolo era teatro d’una strana avventura. Correva l’anno 1399 e per tutto l’occidente, ma specialmente pell’Italia, erasi diffusa una setta chiamata dei Bianchi perché composta d’uomini e donne bianco vestiti con cappuccio e faccia velata, i quali, in numero stragrande, solevano passare processionalmente di città in città, cantando lo Stabat Mater, allora uscito alla luce, oppure le strofe seguenti:

Misericordia andiam gridando,
Misericordia a Dio clamando,
Misericordia ai peccator!
Misericordia, o Dio verace,
Misericordia, e manda pace,
Misericordia alto Signor!

La Repubblica, che non vedeva di buon occhio la setta, aveva fatto dire ad alcuni Bianchi arrivati a Chioggia, e diretti verso Venezia, d’andar pei loro fatti. Ma non atterrito il frate Giovanni Dominici (poscia cardinale e beato) cantò messa solenne una domenica in chiesa di S. Geremia, dopo la quale, coordinati in ischiera molti che alla setta aveva affigliato, mosse alla volta del Campo dei SS. Giovanni e Paolo. Fu là che i divoti trovarono uno dei Capi del Consiglio dei X co’ suoi sergenti, i quali fermarono il N.U. Antonio Soranzo, che camminava alla testa della processione, gli strapparono di mano il crocefisso tanto bruscamente da romperlo, e dispersero la brigata. Il Dominici racconta egli stesso in una delle sue lettere il fatto, attribuendo alcune disgrazie allora patite dai Veneziani alla collera celeste. Egli venne condannato a 5 anni di bando. Un anno di bando riportarono pure il prete Leonardo Pisani, ed il N. U. Antonio Soranzo, e si ammonirono severamente quanti avevano preso parte alla processione. Del resto, queste scorrerie dei Bianchi vennero a cessare nel seguente anno 1400, dopoché, scopertisi i disordini che nascevano dall’agglomeramento di tante persone di sesso diverso, dormienti nelle chiese e nei monasteri alla rinfusa sopra nuda terra, papa Bonifacio IX non permise che entrassero in Roma, e ne riprovò il movimento.

Fra le curiosità concernenti il circondario di cui parliamo ricorderemo col Sanudo una sentenza assai notanda, emanata nel 1502 dai Signori di Notte contra Alvise Benedetto popular stava a S. Zanipolo, il quale costringeva la propria sposa a prestarsi per prezzo alle altrui voglie, et il guadagno teneva scripto in libro et con chi. Decretossi ch’el detto beccho sia vestido de zalo, e con una corona con corne in testa, su un aseno, sia menà per la terra a noticia di tutti, e cossì fu fatto. Notisi che nel 1490 era uscita una legge per cui tutti quelli ruffiani et ruffiane, i quali stano in questa cità, debino portar habito de color zallo aziochè da tuti possino essere cognosciudi.

Ricorderemo pure col Sanudo che nel gennaio 1505 M. V. facendo gran freddo in Venezia, e morendo molti poveri per istrada, si eresse, affine di ricoverarli, presso il Bersaglio dei SS. Giovanni e Paolo, un fabbricato di tavole colla somministrazione gratuita di paglia e di legna.

Leggiamo nel codice Cicogna 2977 che il 31 maggio 1604 si fece una solennissima giostra dietro San Giovanni e Paolo, mantenitor ser Alvise Donà fo de ser Lorenzo. Forse ciò avvenne nella Cavallerizza che colà esisteva.

Altra curiosità relativa al circondario dei SS. Giovanni e Paolo, ma più recente, è quella che segue. Essendo morto nel 1813 il N. U. Zaccaria Valier, venne sepolto in chiesa dei SS. Giovanni e Paolo nell’arca dei dogi Valier, sottoposta al loro grandioso monumento, architettato da Andrea Tirali nel 1708. In quell’arca eranvi varii oggetti di bronzo dorato, fra i quali un leone, una madonna, ed una croce. Non parve vero ai nonzoli della chiesa di poter far bottino, e corsero a vendere gli oggetti rinvenuti, ma scoperto l’affare, passarono dalle loro abitazioni, che avevano in questo circondario, a vedere il sole a scacchi in prigione.

Della statua equestre che sorge in Campo SS. Giovanni e Paolo ad onore del generale Colleoni abbiamo detto altrove. Vedi Cavallo (Ponte ecc. del).

Il Campo dei SS. Giovanni e Paolo fu lastricato per la prima volta di macigno nel 1682, e, sembra, a spese dei frati, che nel 1631 avevano dovuto pure racconciare le fondamente, e le rive, rotte pello scarico degli olii e delle mercatanzie, portate al convento.

In questo Campo nacque la notte antecedente del 30 ottobre 1751, un fierissimo incendio in una bottega da luganegher, che bruciò anche quella da scaleter, e da lasagner collo stabile sovrapposto di proprietà della famiglia Grimani.

In mezzo di questo Campo il pontefice Pio VI, assiso sopra loggia maestosa, benedì il popolo il giorno di Pentecoste del 1782, concedendo in tale circostanza un giubileo di quindici giorni.

Termineremo ricordando come nel 1824 il Campo medesimo venne ornato da una bella vera di pozzo, lavoro del secolo XVI, la quale, come nota il Cicogna, esisteva nel palazzo Corner a S. Maurizio, e porta scolpita l’arma dei Corner.

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