Remèr

Remèr (Sottoportico, Campiello del) a S. Agostino. Queste località trassero il nome da un remer (fabbricante di remi). I Remeri si unirono in corpo nel 1307, ed avevano due scuole di divozione, l’una, sotto il nome del SS. in chiesa di San Bartolammeo, e l’altra, sotto il nome di S. Bartolammeo, in chiesa di S. Giovanni Elemosinario. Contavano, nel 1773, 19 botteghe, 213 capimastri, e 31 lavoranti. A quest’arte erano uniti i Remeri dell’Arsenale i quali, come pubbliche maestranze, non concorrevano al carato di tansa.

Il Campiello del Remer a S. Agostino è celebre perché vi sorgeva la casa di Boemondo, o Bajamonte Tiepolo. Avendo costui alcune particolari cagioni di odio contro il doge Pietro Gradenigo, approfittò del disgusto che la serrata del M. C. aveva sparso fra i Veneziani, e l’anno 1310 tramò una congiura, ove entrarono i Querini, i Badoer, i Doro, ed altre famiglie. Pertanto nella notte dal 14 al 15 giugno raccolse in questa sua casa molti armati, coi quali, sull’alba, si avviò verso la Piazza di S. Marco, affine di dare l’assalto al palazzo ducale. Ma colà fu sbaragliato, e posto in fuga dal doge, che, avvertito a tempo della trama, attendevalo a pié fermo coi suoi. Le conseguenze di tale disfatta furono che Bajamonte venne condannato a perpetuo esilio e che, demolita la casa ove abitava, s’innalzò in seguito, cioè nel 1364, sopra quell’area una colonna d’infamia colla seguente iscrizione:

DE BAIAMONTE FO QUESTO TERENO
E MO PER LO SO INIQUO TRADIMENTO
S'E' POSTO IN CHOMUN PER ALTRUI SPAVENTO
E PER MOSTRAR A TUTI SEMPRE SENO.

Quel Mo del secondo verso spiegasi per Ora, e quel Seno dell’ultimo per Sieno, sottointendendovi: queste parole.

La colonna, poco dopo il suo innalzamento, fu rotta da un Francesco Fantebon, già complice di Bajamonte Tiepolo, ma poscia graziato, il quale però venne punito col taglio d’una mano, colla perdita degli occhi e col bando. In seguito essa fu levata dal Campiello del Remer, e posta dietro la chiesa di S. Agostino. Nel 1785 il patrizio Angelo Maria Querini la ottenne dal governo, e trasportolla in una sua villa ad Altichiero. Quindi passò in mano dell’antiquario Sanquirico, e finalmente del nipote ed erede del duca Melzi, che destinolla ad ornamento d’un suo giardino sul lago di Como, ove esiste tuttora. Nel sito ove ultimamente innalzavasi in Venezia, cioè dietro l’abside della chiesa di S. Agostino, recentemente distrutta, si scorge sul pavimento una pietra bianca coll’iscrizione: col. bai. the. mcccx.

Fra le altre strade di Venezia che presero il nome dall’arte dei Remeri, non possiamo astenerci dal ricordare eziandio la Corte del Remer a S. Giovanni Grisostomo pegli antichi avanzi d’un palazzo colà esistente, il quale ha la scala scoperta, ed accenna alla transizione dallo stile arabo-bizantino, visibile nell’ingresso, allo stile archiacuto adoperato nelle finestre. Abbiamo molti dati per credere che il suddetto palazzo appartenesse alla patrizia famiglia Lion, e che sia quello, posto, come accennano le cronache, a S. Giovanni Grisostomo sopra il Canal Grande, non lungi da ca’ da Mosto, che dopo la fellonia di Maffeo Lion doveva andar distrutto nel 1542, ma che restò in piedi perché parte ne era stata concessa dal Lion alla moglie per assicurazione di dote, e parte ne apparteneva al di lui fratello Lodovico.

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