Due Pozzi

Due Pozzi (Campo dei) a S. Martino. E’ certo che qui esistevano anticamente due pozzi, sebbene oggidì ne esista uno soltanto, poiché il Sabellico, parlando di questi contorni, nomina Trinitatis phanum, geminosque puteos.

L’arte di costruire i pozzi fu una delle prime, come osserva Girolamo Zanetti (Dell’Origine d’alcune arti principali presso i Veneziani) che si esercitarono nelle lagune. Le leggi più antiche circa i medesimi trovansi nei libri Magnus e Capricornus, e datano dal secolo XIV. Narrasi che in tal secolo i Carraresi mandarono ad avvelenare le acque dei pozzi, ma che gli emissarii scoperti, furono presi e squartati. Una legge del 1487 fa vedere che pagavasi una tassa sui pozzi, dicendosi in essa: denarii puteorum per provvisores Communis exigantur. Trovasi un’altra legge del 1536 con cui la Repubblica, non volendo che alcuno facesse guadagno dell’acqua del comune, escludeva dall’uso dei pozzi pubblici i Tintori, Barbieri, Triperi, Pellizzeri, Lavanderi, Saoneri, e Luganegheri. Nel 1540, perché i pozzi si potessero alimentare più facilmente, cominciaronsi a costruire dei serbatoi a Lizza Fusina, nei quali si fece scorrere il Brenta per mezzo di un canale artificiale, conosciuto sotto il nome di Seriola. Nel susseguente secolo XVII, e molto più nel XVIII, si riattarono i pozzi con obbligo ai Capi di Contrada di averne cura, servendosi in ciò del ministero dei facchini. Il fante del Magistrato alle Acque doveva invigilare in proposito, ed infliggere le multe ai negligenti. Assai più numerosi di adesso erano sotto la Repubblica i nostri pozzi, che si aprivano la mattina a terza, e la sera al tocco della campana maggiore di ogni parrocchia.

Mentre un giorno del mese di luglio 1483 il patrizio Francesco Dalle Boccole stava parlando super strata per quam itur in campo duorum puteorum confinii S. Martini con Andrea Giustinian, che era alla finestra della casa abitata da Girolamo Malipiero, e con altri nobili, Luigi Gofritto, falegname, cominciò insolentemente a guardarlo. Risentitosi il patrizio, disse: che vardestù? ed il falegname gli pose le mani sul petto, non fidandosi di far altro per quel momento, perché inerme, ma poscia, provvedutosi di un bastone, gli menò sulla fronte un colpo sì disonesto che il Dalle Boccole il 5 agosto successivo morì, estinguendosi in lui la famiglia. L’uccisore perciò, con sentenza contumaciale 23 ottobre 1483, venne condannato a perpetuo bando. Tre anni dopo, colto a Capo d’Istria, fu condotto a Venezia, e decapitato frammezzo le due colonne della Piazzetta, avendo prima subìto il taglio della mano in loco delicti.

Abbiamo alcune altre strade, che pel motivo medesimo si chiamano dei due Pozzi, fra cui una Ruga a S. Sofia, le case della quale erano tutte possedute dal doge Marin Falier, e nel 1355 furono comperate all’incanto dalla cittadinesca famiglia Ziliolo.

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