S. Basso (Calle). La chiesa parrocchiale di S. Basso deve i suoi principii alla famiglia Elia nel 1076 (1). Arsa, con altre ventidue chiese, nel 1105, venne rinnovata. Incontrò egual disgrazia nel 1661 avendosi appreso il fuoco, per la vicinanza delle candele accese, all’apparato dell’esposizione del SS. Sacramento, fattasi il 25 del mese di marzo. Allora tornò ad essere rifabbricata, come sembra, dall’architetto Benoni (2). Nel 1810 fu chiusa, e convertita in magazzino. Alquanti anni fa si voleva riaprirla al culto di tutti i Santi Veneziani d’ogni epoca, ma il progetto cadde ben presto in dimenticanza (3).
Questa chiesa, dal 1088 al 1100, restò unita al vescovado di Jesolo, e, dal 1365 al 1418, a quello d’Eraclea.
Dicesi che nel 1282 si fabbricasse a S. Basso una loggia perché i nobili vi si potessero trattenere in piacevole brigata nelle prime ore della notte.
In Calle S. Basso successe nel 1310 una scaramuccia fra i congiurati di Bajamonte Tiepolo, e la gente del doge Pietro Gradenigo.
In parrocchia di S. Basso abitava nel 1528 il famoso pittore Giacomo Palma il vecchio, come si rileva dal testamento che, a dì 28 luglio di quell’anno, egli fece negli atti di Alvise Nadal, pievano di S. Boldo, e pubblico notajo.
V’abitava pure il celebre architetto Jacopo Sansovino in una casa al principio delle Procuratie Vecchie, che, fino dal 1529, gli era stata assegnata dal pubblico. Leggesi nel necrologio parrocchiale: 27 novembrio 1570. ms. Jacopo Sansovino proto della giesia di S. Marco, de anni 91, amalà un mese e mezo de malatia di vegeza. Il Sansovino ebbe i funerali in S. Basso coll’intervento dei canonici di S. Marco, ma fu sepolto in S. Geminiano. Distrutta questa chiesa nel 1807, le ceneri del sommo architetto si trasportarono nell’altra di S. Maurizio, e finalmente nel 1820 in quell’oratorio che è annesso al Seminario della Salute (4).
A S. Basso, e forse nella casa medesima, morì Francesco Sansovino, letterato, figliuolo di Jacopo. Questi nel suo testamento, fatto il 24 novembre 1582 in atti Marcantonio de Cavaneis, disse… S. Basso, sotto la cui parrocchia io abito al presente. Ed il necrologio: Adì 28 setembrio 1583. ms. Franc. Sansovino d’anni 60, da febbre jorni num. 12.
Nella medesima parrocchia, per ultimo, venne a morte, ai 2 novembre 1592, Modesta da Pozzo, detta Moderata Fonte, poetessa e letterata Veneziana. Adì 2 novembrio 1592 la mag. mad.a Modesta di anni 36 consorte dell’eccell.mo s. Filippo de Zorzi S. Basso. Così nei Registri sanitari. Filippo de Zorzi, o Zorzi, non apparteneva, come erroneamente scrive il Quadrio, alla casta patrizia, ma bensì alla cittadinesca. Egli fece scolpire un epitaffio alla moglie sepolta nel chiostro dei Frari, donde si rileva ch’era figlio di Pietro, e che esercitava la carica di avvocato al Magistrato delle Acque.
Alcuni fra i Registri dei Giustiziati in Venezia, che si conservano a penna tanto nella biblioteca Marciana, quanto altrove, riferiscono che un pievano di S. Basso, chiamato D. Francesco, ma di cui tacciono il cognome, sentendo da un suo penitente ch’egli aveva privato di vita un gentiluomo, differì per destro modo la confessione al giorno seguente, in cui ascose in un armadio il proprio nipote, acciocché potesse ascoltare il tutto, e, dandone parte alla Giustizia, guadagnare la taglia proposta di quattro mila ducati. Avuto effetto il divisamento, stava l’omicida per salire il patibolo, allorché nel silenzio del carcere disse ad alta voce innanzi l’immagine d’un Crocifisso: E’ vero ch’io sono il reo, ma come può essere scoperto il mio delitto, se è conosciuto soltanto da voi che siete il mio Gesù Cristo, da che sono il reo, e dal pievano di S. Basso che è stato il mio confessore? Queste parole, riportate al tribunale supremo, fecero sì che venisse imprigionato il pievano, e che, dopo aver confessato in mezzo ai tormenti della tortura il proprio misfatto, fosse decapitato il 22 aprile, o, come asserisce qualche registro, il 22 agosto 1639, giorno di giovedì. L’uccisore del gentiluomo ebbe in quella vece salva la vita; anzi gli furono dati due mila ducati della taglia, coll’ingiunzione d’abbandonare entro tre giorni il Veneto territorio (5).
Più lieta fu l’avventura raccontataci dal Cicogna ne’ suoi Diarii manoscritti relativamente all’altro pievano di S. Basso, Benedetto Schiavini, eletto nel 1780. Si era egli raccomandato per venir fatto canonico di S. Marco a Margarita Dalmaz, o Delmaz, consorte del penultimo doge Paolo Renier, la quale promise di assecondare i di lui desideri purché togliesse dalla facciata di S. Basso la campanella delle messe solita a darle fastidio. La campanella fu tolta, ma la Dalmaz, che accostumava di vendere le cariche, fece conferire ad altri il canonicato. Allora il pievano rimise a suo posto la campanella ed alla dogaressa che lo chiamava mancante di parola, rispose che anch’ella non aveva mantenuta la propria col non dargli il canonicato. Questo fu nuovamente promesso, ed il pievano nuovamente tolse la campanella, ottenendo dopo qualche tempo il posto da lui desiderato.
Scrive il Cicogna che la Dalmaz, nata a Costantinopoli, e creduta in origine funambula, o ballerina, morì l’11 gennaio 1817 in parrocchia di S. Angelo, in quello stabile che è vicino al palazzo Medin, lasciando cospicua facoltà (6).
Note di Lino Moretti
- Una tradizione senza fondamento voleva che la chiesa fosse stata edificata in onore di S. Saba nel 1076 e avesse mutato titolo dopo l’incendio del 1105. In un atto del gennaio 1086 troviamo invece già ricordata la pissinam Sancti Bassi, (Documenti, n. 16). Nello stesso documento sono ricordati l’orefice Domenico Elia e suo figlio Giovanni, prete.
- La facciata spetta a Baldassare Longhena, che vi lavorò dal 1675, secondo i documenti editi da R. Gallo in « Atti dell’Ist. Ven. di Scienze, Lettere ed Arti », CXVIII (1958-59), pp. 185 e 193. Quanto alla fabbrica è probabile che spetti anch’essa al Longhena
- La chiesa fu chiusa nel 1808 per il decreto napoleonico del 7 dicembre 1807. Dopo essere stata per anni magazzino e laboratorio della Procuratoria di S. Marco, nel 1953 è stata convertita in sala per conferenze dell’Ateneo Cattolico Pio X.
- Nel 1929 i resti del Sansovino furono traslati con solenne cerimonia nel Battistero di S. Marco.
- A proposito di questo delitto, lo stesso Tassini avverte nelle Condanne capitali (Venezia, 1966, p. 208) che esso è ricordato soltanto in un registro dei giustiziati della Biblioteca Marciana (Cod. It., cl, VII, 1717): esso non trova conferma né in altri registri, né nei Criminali, né nella serie dei parroci di S. Basso, che non presenta lacune, né nel necrologio di S. Marco. « Notisi per sovrappiù l’inesattezza del racconto, mancante del cognome del pievano e di quello del gentiluomo ucciso, né sembrerà irragionevole il sospetto che il fatto fra noi non abbia avuto luogo e che esso, al pari di quello del Fornaretto e di qualch’altro sia puramente l’espressione dei tempi e delle opinioni che correvano allora »
- Per altre curiose notizie sulla Dalmaz, o Dalmet, si veda A. Da Mosto, I Dogi di Venezia, Milano 1960, pp. 518-520.
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