Miracoli

Miracoli (Calle, Ramo, Ponte, Rio, Campo, Campiello, Calle dei). Un Francesco Amadi, abitante nel circondario di S. Marina, aveva fatto appendere per divozione presso la sua casa, e propriamente all’ingresso d’una località che chiamavasi la Corte Nuova, una immagine della Beata Vergine, la quale ebbe tal fama di prodigiosa da indurre nel 1480 un di lui nipote, per nome Angelo, a trasportarla in Corte di Ca’ Amadi, e costruirvi una cappella di tavole onde esporla alla pubblica venerazione. Nell’anno stesso il pievano di S. Marina, Marco Tazza, gettò i fondamenti, col concorso degli Amadi, e d’altre famiglie, d’un nobile tempio, che compì nel 1488, ed in cui collocò la sacra immagine, fondando eziandio in prossimità un convento di monache Francescane. Ignorasi chi abbia dato il disegno del tempio, poiché Pietro Lombardo ne fu, per quanto si afferma, l’esecutore soltanto, aggiungendo però di suo la cappella maggiore e l’annesso convento. Il Malipiero, ne’ suoi Annali Veneti, racconta colle seguenti parole, sotto l’anno 1480, l’origine dei suddetti edificii: Quest’anno ha comenzà la devotione della M. di Miracoli, la qual era alla porta de Corte Nuova, all’opposto delle case di Amai, in la calle stretta, e per el concorso della zente è sta necessario levar la imagine, e portarla in corte de cha Amai, et è sta fatto di grandissime offerte de cere, statue, denari, et arzenti, tantoché se ha trovà intorno 400 ducati al mese, e quei della contrà ha creà sie procuratori, e tra i altri Lunardo Loredan Procurator. Et in processo di tempo è sta assunà 3000 ducati d’elemosine, e con essi è sta comprà la Corte Nova da cha Bembo, da cha Querini, e da cha Baroci, e là è sta fabbricà un bellissimo tempio con un monastero, e dentro è sta messo donne muneghe de S. Chiara de Muran.

Il tempio di S. Maria dei Miracoli diventò nel 1810 oratorio dipendente dalla chiesa di S. Canciano, e chiuso ai nostri giorni a cagione di ristauro, sta attualmente per dischiudersi, dopo varii anni, al culto divino.

Dopo la soppressione delle monache, il convento fu ridotto a private abitazioni.

Raccontano i Diari del Sanudo: In questa mattina (27 gennaio 1515 M. V.) ussita fuora di la chiesia di Santa Maria di Miracoli una bellissima maridata, nomata Samaritana Zon, moglie di Zuan Fran.co Benedeto popular, et hessendo su la riva per montar in barca, et andar a caxa, era una maschera sentata sopra la riva, la qual vista, li dete di uno fuseto, e li tajò el viso da l’ocio fino alla bocha, sì che dita dona sarà guasta. Di questo fo gran mormoration in la terra, adeo, inteso il principe e la signoria, terminono dar taja nel Consejo di X. Di tale delitto venne accusato Cardin Capodivacca, padovano, e posto perciò in prigione il dì 29 successivo. Ma nel 2 febbraio fu liberato come innocente, e citato in quella vece il N. U. Pietro Tiepolo q. Paolo, che, resosi contumace, venne bandito il giorno 24 dello stesso mese.

Il Supplemento 28 gennaio 1622 al Giornale delle cose del Mondo ecc. (Codice Cicogna 983) fa il seguente ricordo: Gier sera si accese fuoco accidentalmente in casa delli Cl.mi Badoeri alla Madonna dei Miracoli, et perché penetrò alquanto nel monastero di quelle moniche, queste si salvarono in chiesa fin che fu estinto il fuoco, il quale fece poco danno.

Al Ponte dei Miracoli avea bottega nel 1713 un caregheta (facitore di sedie, o careghe) che tenea per garzone Antonio Codoni, d’anni 16, nato alle Caloneghe di Belluno. Quest’ultimo essendo stato una mattina svegliato dalla serva del proprio padrone forse prima del solito, le disse un mar d’ingiurie, in pena delle quali, dopo una buona bastonatura, venne licenziato dal servigio. Desideroso perciò di vendicarsi con la serva, e contro il padrone, aspettò che la poveretta rimanesse sola in casa, se le scagliò addosso, e l’uccise, appropriandosi alcuni oggetti di argenteria. Sopraggiunti al rumore i vicini ed i birri, fu preso il feroce ragazzo, e condannato al capestro. Qui occorse uno strano accidente. Apprestavansi il 3 luglio 1713 in Piazzetta di S. Marco, fra le due colonne, gli strumenti dell’estremo supplizio, quando i barcajuoli del prossimo traghetto fecero osservare al carnefice che il laccio era troppo lungo, al che questi rispondeva: Allorché dovrò farlo per voi, farollo a modo vostro. Giungeva frattanto il reo, ed il carnefice ponevasi all’opera, ma il laccio veramente eccedeva in lunghezza, laonde il paziente, prima di morire, ebbe prolungati per lunga pezza i proprii tormenti. A tal vista i barcaiuoli incominciarono a tumultuare, e percossero il carnefice, nascendo tale tafferuglio che, come attesta il Cod. 1596, Classe VII della Marciana, molta gente andò in acqua, fu persa molta roba, e stroppiate molte persone nel cader a terra una sopra l’altra, e molti ne morì affogati, che fu veramente una gran strage di popolo.

In Calle dei Miracoli, nel palazzo Zacco, si cantò nel 1698, per ventisei sere un dramma musicale, intitolato il Finto Esaù, con libretto di Giuseppe Fanelli, e musica di D. Antonio Bacelli.

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