Latte

Latte (Ponte della) a S. Giovanni Evangelista. Un Zuane Della Late figura tra quelli che nel 1379 contribuirono prestiti alla Repubblica, in parrocchia di San Simeone Profeta, la quale anche anticamente giungeva co’ suoi confini a questo Ponte, e sembra essere quel medesimo Giovanni a Lacte, orefice di Reggio, che nel 1371 ottenne un privilegio di cittadinanza veneziana. Il Ponte della Latte, prima di legno, si costrusse ai nostri tempi in ferro, ed in tale occasione andò demolito il prossimo Sottoportico appellato col medesimo nome.

Del Ponte della Latte, o della Late, fa ricordo il Sanudo nei suoi Diari, sotto la data del 31 agosto 1505: In questo zorno, egli dice, è da saper fo squartato un Albanese, qual amazò proditorie Zuan Marco cao di guarda, et prima li fo tajà la man al ponte di la late. Et nota che questo fece una cossa notanda; videlicet so mojer fo da lui a tuor combiato, et lui mostrò volerla basar, e li morsegò il naso via. Si dice lei fo causa di manifestar tal delitto.

Una memoria più recente si annette al Ponte della Latte. Nell’anno di grazia 1844 si vide il medesimo per molte sere affollatissimo di gente, accorsa a contemplare un lumicino, o meglio, uno spettro di luce, che pallido e tremante appariva dalle nove a mezzanotte sopra un finestrone della Scuola di S. Giovanni Evangelista. Era un premersi, un urtarsi, ed un continuo ciarlare di diavoli, di stregherie, e d’apparizioni di morti. Anzi, siccome nella prossima Calle di S. Zuane, volgarmente detta del Bò, era stata uccisa di quel tempo una femmina, che soleva chiamarsi col soprannome de’ suoi uccisori, saltavano su le donnette a gridare: Uh! certo è l’anima della Brocchetta che si fa vedere! e taluna diceva d’udirla persino a gemere e sospirare. Frattanto il fatto andò all’orecchio dei birri, che una bella sera sgomberarono il ponte, e si posero a spiare se alcuno facesse il mal giuoco, ma tutto fu indarno. Finalmente pensarono di chiamar barca, e, fatto un giro pel canale, si avvidero d’un piccolo lume che ardeva in una prossima casa di poveretti, nella quale penetrati, poterono convincersi, quella essere la luce che andava a riflettersi nel finestrone della Scuola di S. Giovanni Evangelista. Tale ridicola avventura è raccontata dalla Cronaca della Lumetta, pubblicata nel 1844 coi tipi del Merlo, e dal conte Agostino Sagredo, ne’ suoi studii sopra le Consorterie delle arti edificative in Venezia.

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