S. Simeone Piccolo

S. Simeone Piccolo (Fondamenta, Campo). La ragione per cui la chiesa dei SS. Simeone e Giuda Apostoli chiamossi di S. Simeon piccolo si spiegò colà ove si parlò di S. Simeon Profeta, soprannominato Grande. Essa sorse nel secolo IX a merito delle famiglie Aoldo e Brioso. Ebbe in seguito vari ristauri, come provarono tre pavimenti di forma e materia diverse, ritrovati allorquando nel 1718 si distrusse per rinnovarla dai fondamenti sul disegno di Giovanni Scalfarotto, che volle imitare il Panteon di Roma. La prima pietra della nuova fabbrica fu posta nel 1720, e n’ebbe gran merito il pievano G. Battista Molin, detto Mamera, il quale, per coadiuvare all’intrapresa, fece un lotto, ad un traro al bollettino, coll’estrazione di 14 grazie all’anno. Questi è probabilmente quel pievano di S. Simeon Piccolo, che il Fontana, nel suo Manuale ad uso del Forestiere in Venezia, credette inventore del pubblico lotto. La chiesa di S. Simeon Piccolo fu consecrata il 27 aprile 1738 ed era parrocchiale, ma nel 1810 divenne sussidiaria di S. Simeone Profeta.

Antichissime sono le memorie di casa Foscari in parrocchia di S. Simeone Piccolo, ed anzi vuolsi che vi sia nato il doge Francesco. Certamente un palazzo Foscari di stile archiacuto, collo stemma sopra la porta della riva, esiste tuttora prossimo al Caffè dell’Altanella sul Canal Grande. Il palazzo però, che in questa parrocchia si conosce più comunemente sotto il nome di Foscari è quello sulla Fondamenta vicino alla Calle Lunga. Il Priuli lo dice fondato da Marco Foscari, fratello del doge, che morì nel 1467. Fu celebre per le varie feste che, secondo il Sanudo, vi si celebrarono, in occasione delle quali soleva unirsi, mediante un ponte di legno, la Fondamenta di S. Simeon Piccolo coll’opposta di S. Lucia. Ebbe poi una rifabbrica, e tuttora vi si scorgono sui muri esterni alcune tracce degli affreschi di Lattanzio Gambara, rappresentanti il Ratto delle Sabine ed altri fatti romani.

Accanto al palazzo Foscari si scorge un’altra casa, ai N. A. 711, 712. Sopra la prima porta di questo edificio, sorto nel secolo XVI, venendo dalla così detta Calle Lunga, leggesi la seguente iscrizione:

has o lector aedes ex humili
jamque collabente domo col-
legio et fabricae divorum si-
monis et judae a lucia adolda
quondam legatas aere proprio
victor spera in ampliorem hac
quam vides formam reposuit.
huiusce rei nolui te ignarum. vale.
m d x x .

Tale iscrizione è scolpita sopra un marmoreo cartello, tenuto da due figurine in abito talare, rappresentanti i due apostoli Simeone e Giuda, la prima delle quali ha presso un’arma gentilizia, consistente in un uccello in mezzo ad una fascia, e la seconda una piccola nicchia, ora vuota. Dall’iscrizione apprendiamo come il fabbricato venne dato in dono da Lucia Adoldo alla chiesa dei Santi Simeone e Giuda, e come essendo esso cadente, venne riedificato in forma più ampia da Vittore Spiera nel 1520.

Di ambedue le nominate famiglie, che abitavano in questo circondario, parlano le cronache nostre. Gli Aoldi, Adoldi, ovvero Adoaldi, vennero dalla Grecia, ed ottennero il veneto patriziato. Erano padroni dell’isola d’Andro, e di metà di quella delle Sercine, la qual metà Nicolò, ultimo della famiglia, vendette ai Michiel. Egli morì nel 1432, e nel 1481, in premio delle sue beneficenze, ebbe una memoria in chiesa dei SS. Simeone e Giuda, oppure, come altri vogliono, in quella di S. Simeone Profeta, alla fabbrica di ambedue le quali avevano concorso i di lui antenati. Lo stemma degli Adoldi consisteva appunto in quella fascia caricata da un uccello, che, come abbiamo detto, scorgesi scolpita presso la prima delle due figurine rappresentanti gli apostoli Simeone e Giuda.

Quanto alla famiglia Spera, o Spiera, essa era d’origine germanica, e quantunque non arrivasse agli onori del patriziato, tenne posto distinto nella cittadinanza. Il Vittor Spiera dell’epigrafe aveva contratto matrimonio con una figlia di G. Francesco Foscarini, e costrusse nel 1525 una tomba per sé e suoi in chiesa dei SS. Simeone e Giuda. Né dubitiamo che la nicchia vuota, prossima alla seconda delle due figurine rappresentanti gli Apostoli, sia la situazione ove un tempo esisteva lo stemma della di lui famiglia.

Senza troppo soffermarci sopra il motto: In Deo Spera, visibile sopra un balcone di mezzo, veniamo ai distici seguenti onde è fregiata la terza porta:

nutrices fuimus pueri et pia cura relicti
qui vir mox nobis haec monumenta dedit.
indole de illius spes nobis creverat ingens,
hanc tamen excessit, nomen et inde tulit.
nam quia spem vicit victor cognomine spera est.
in nos, in divum templa benignus opum.
proin quicunque legis nobis gratare, polique
adscribas donis quae rata vota cadunt.

Anche questi distici sono scolpiti sopra un cartello di marmo tenuto da due figurine di sesso femminile, l’una delle quali ha in mano un compasso, e l’altra un orologio a polvere. Potrebbe sembrare, a prima vista, che esse rappresentino due donne reali, a cui si dovesse l’educazione dello Spiera, ma gli strumenti che hanno seco le farebbero credere in quella vece due donne simboliche, e probabilmente le arti educative.

Terminiamo col rammentare che, al basso dell’ultimo pilastro della casa, verso la chiesa, stavano nuovamente scolpiti i due apostoli con un angelo nel mezzo, e che sulla cima della facciata torreggia tuttora una colomba con sotto le parole: Bonum Est In Deo Sperare allusive, al pari dell’altre: In Deo Spera, al cognome della famiglia da cui venne rifabbricata la casa.

Sulla Fondamenta di S. Simeon Piccolo eravi la casa della famiglia Baldovino patrizia, un Simeone della quale entrò nella congiura del Tiepolo, ed un Francesco venne decapitato nel 1412, perché aveva tramato di tagliare a pezzi i cittadini del Consiglio. Questa famiglia perciò venne privata per anni cento della patrizia nobiltà, comandandosi inoltre che la sua casa dovesse perpetuamente rimanere aperta di giorno e di notte coll’effigie di S. Marco affissa sopra la porta.

Sulla Fondamenta stessa, e precisamente nel palazzo al N. A. 561, poscia comperato dai Diedo, nacque il 3 gennaio 1731 M. V. l’ultimo celebre ammiraglio della Repubblica, Angelo Emo.

Narra il Sanudo che il 16 ottobre 1509 vennero citati a comparire innanzi la giustizia un figlio di Domenico Grimani, ed altri giovanotti perché, stando verso sera sulla Fondamenta di Simeon Piccolo, fecero venire a riva una barca che passava per il Canal Grande, ove si trovavano alcune donne appartenenti alla famiglia Donà cittadinesca, e dopo aver gettato in acqua il barcaiuolo, abusarono delle medesime, rubando ad esse eziandio certi tondini e robe.

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