Salamon

Salamon (Calle) a Castello. Un Nicolò Salamon e fratelli, in occasione della Redecima del 1537, notificarono di possedere sei case con terreno vacuo, overo squero, in parrocchia di S. Pietro di Castello. Appartenevano essi a nobile famiglia venuta da Salerno a Torcello, e quindi a Venezia nel 715, ove nei primi tempi chiamavasi Barbolana, o Centranica. Il primo ad assumere il cognome di Salamon, o Salomon, fu Pietro Centranico, eletto doge nel 1026, il quale, dopo 4 anni di regno, per sollevazione popolare venne deposto, e, coi capelli rasi, cacciato in esilio, laonde celossi pel rimanente della sua vita nel chiostro. Un Giacomo Salamoni, entrato l’anno 1247 nell’ordine di S. Domenico, fu posto dopo la sua morte, avvenuta nel 1314, nel novero dei beati. Un’Elisabetta Salamoni cessò di vivere in Padova nel 1673 nell’atto in cui stava per contrarre sponsali col cav. Nicolò Lazara, il quale la fece seppellire nella chiesa dei Carmini, aggiungendovi un epitaffio in cui si chiama dolentissimo per ritrovarsi fra la face nuziale e la funeraria, e dichiara di aver posto alla sua diletta consorte il tumulo, invece del talamo onde almeno congiungere con quelle di lei le proprie ceneri. Un Giacomo Salamoni, frate domenicano, fiorì pure in Padova come letterato, e nel 1696 pubblicò un’opera intitolata: Agri Patavini Inscriptiones, susseguita da un’altra nel 1701 col titolo: Inscriptiones Urbis Patavinae. Avendo la famiglia Salamon edificato la chiesa ed il convento di S. Marta, ne aveva il jus patronato. Perciò quando si eleggeva l’abbadessa essa ne dava tosto parte al più vecchio della famiglia, da cui riceveva l’investitura e, nella vigilia di S. Marta riconosceva i Salamon coll’odorato tributo d’una rosa. Essi si estinsero nel 1788.

Presso la Calle Salomon a Castello vi era un ospizio per povere donne, fondato nel 1438 dai coniugi Nicolò e Maddalena Caretto. Tuttora sul muro dell’edifizio scorgesi un’iscrizione che i procuratori dell’ospizio posero in onore dei fondatori nel 1750.

Un ramo dei Salamoni aveva pure palazzo a S. Felice, in una calle che conserva il nome dei medesimi. Questo palazzo ha tuttora l’arma della famiglia proprietaria scolpita due volte sopra la facciata archiacuta risguardante il rivo.

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