Ridotto

Ridotto (Calle del) a S. Moisè. S’innalza in questa calle un antico palazzo, eretto, secondo il genealogista Girolamo Priuli, nel secolo XIV da Marco Dandolo q. Benedetto. Esso anticamente guardava il Canal Grande, ed aveva d’innanzi un giardino. Troviamo che nel 1379 Benedetto Dandolo q. Marco v’abitava, ma poscia la famiglia proprietaria incominciò a darlo a pigione, al pari delle molte case vicine da essa possedute. Qui aveva residenza nel 1542 l’ambasciatore di Francia Guglielmo Pellicier, vescovo di Rodi, quel desso che, per mezzo d’alcuni traditori, veniva a conoscere le secrete deliberazioni della Repubblica, e tosto ne dava parte alla Corte ottomana. Avendo presso il medesimo cercato ricovero uno dei traditori suddetti, appellato Agostino Abbondio, se ne chiese tosto la consegna, ma negolla il Pellicier, e poscia, a viva forza, respinse l’avvogadore Bernardo Zorzi, che, a tale effetto, era stato spedito coi birri. Allora i due procuratori di S. Marco, Alessandro Contarini e Vincenzo Grimani, seguiti da buona mano d’armati, fatta una apertura nel muro, penetrarono nella corte dell’ambasciatore, laonde costui, intimorito, rilasciò l’Abbondio che, insieme ad altri complici, venne condannato al capestro. Ricorda il Priuli che circa all’anno 1630, in cui scriveva, il palazzo Dandolo a S. Moisè era posseduto da un altro Marco Dandolo stato già Provveditore a Salò, e cognato di Pietro Priuli, suo fratello. Egli nel 1638 appigionollo ad uso di pubblico Ridotto, ove, in tempo di carnovale, erano permessi i giuochi d’azzardo che, a scanso d’abusi, volle il governo stesso sopravvegliare, deputando alcuni patrizii, colla vesta d’uffizio, a tenere i banchi. Venuto a Venezia nel 1708 il re di Danimarca Federico IV, intervenne, come è fama, al Ridotto, mascherato in bauta, e postosi a giuocare con uno dei nostri gentiluomini, gli guadagnò molto oro. Senonché al punto del pagamento diede a divedere il regale suo animo, involandosi, dopo aver finto di sdrucciolare e gettato a terra il tavoliere con le monete, che, come è naturale, tornarono nelle saccocce del gentiluomo. Nel 1768 il Maccaruzzi diede forma novella al palazzo del Ridotto, facendo girare intorno alla sala principale altri minori, e siccome tale ristauro si operò coi danari ricavati dalla vendita di alcuni beni di conventi soppressi, ne sorsero per la città varii pungenti epigrammi. Fu probabilmente in questa occasione, che si tolse al palazzo medesimo l’architettonica facciata, nonché il giardino, e gli si rizzò un’altra fabbrica d’innanzi, privandolo così della vista del Canal Grande. In progresso di tempo, fatto accorto il governo che il faraone e la bassetta ingoiavano tesori, e spiantavano famiglie, emanò il 27 novembre 1774 una legge con cui si prescrisse che la casa situata nella contrada di S. Moisè, conosciuta sotto il nome di ridotto, sia, ed esser debba, dal giorno d’oggi, e per tutti i tempi ed anni avvenire, chiusa per sempre a codesto gravissimo abuso. Negli ultimi anni però della Repubblica e sotto i Francesi, il Ridotto tornò ad essere teatro dei soliti giuochi, che furono di bel nuovo proibiti sotto l’austriaca dominazione. Ora le sale di questo recinto, già da molti anni passato dai Dandolo in parecchie altre ditte, non servono per solito che alle feste di ballo mascherate del carnovale.

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