S. Pietro (Parrocchia, Campo, Ponte di). In questa situazione sorgeva anticamente una piccola chiesa fondata nel 650 dai Sammacali, detti poscia Caotorta, e sacra ai SS. Sergio e Bacco. Nel 774 rialzavasi in più ampia dimensione a cura, dicesi, di San Magno, e dedicavasi a San Pietro Apostolo. Compiuta, avea consecrazione nell’841 per mano del vescovo Orso Partecipazio. Dopo varie rifabbriche e ristauri veniva ingrandita con due nuove cappelle dal 1508 al 1524. Quindi il patriarca Vincenzo Diedo (eletto nel 1556) stabiliva di rinnovarla dai fondamenti, e aveva ordinato al Palladio il disegno. Senonché venuto a morte, rimase sospeso il progetto, che fu incominciato ad eseguire soltanto nel 1594 dal patriarca Lorenzo Priuli. Sotto di lui l’architetto Francesco Smeraldi, soprannominato Fracà, eresse la facciata della chiesa con picciola parte dell’interno. Finalmente Giovanni Grapiglia, dal 1621 in poi, diede compimento alla fabbrica per ordine del patriarca Giovanni Tiepolo. Sembra che tanto lo Smeraldi quanto il Grapiglia s’attenessero al primitivo disegno del Palladio, facendovi però qualche piccola modificazione. La chiesa di S. Pietro rimase cattedrale fino al 1807, epoca in cui tale onore passò alla basilica di S. Marco. Esercitò sempre diritti parrocchiali, e nel 1810 vide aumentato il proprio territorio d’una frazione della soppressa parrocchia di S. Biagio.
Il campanile di S. Pietro ebbe principio nel 1463, e fine nel 1474. La cupola venne rifatta nel 1670, ma ora manca del cupolino incendiato da un fulmine il 17 ottobre 1822. Il Moschini sulla base rilevò il resto d’un’iscrizione romana: Ennia P. L. Venerea Sibi Et... Il prossimo palazzo vescovile, e poscia patriarcale, sorse nel secolo XIII, ma venne rifabbricato nel XVI sotto il patriarca Antonio Contarini, ed ebbe anche posteriori ristauri. Dal 1807 serve alle truppe di Marina.
Ricordano le cronache che in Campo di San Pietro di Castello la famiglia Mastelizia, poscia Basegio, assalì il doge Giovanni Partecipazio, salito al soglio ducale nell’829, e rasigli i capelli e la barba, lo condusse, vestito da monaco, a Grado, facendo eleggere a di lui successore Pietro Tradonico.
Ma di ben più importante avvenimento fu testimone la contrada di cui parliamo nel secolo susseguente. Era costume dei Veneziani di benedire in chiesa di S. Pietro di Castello il 31 gennaio, anniversario della traslazione del corpo di San Marco, tutti i loro matrimonii, oppure, secondo altre cronache, i matrimonii soltanto di dodici povere donzelle, dotate a spese del Comune. Celebrandosi tal solennità sotto il doge Candiano II, eletto nel 932, o sotto il doge Candiano III eletto nel 942, un’orda di pirati, venuti dalle coste d’Istria, gettossi sulle spose, ed, unitamente al loro corredo nuziale, rapille, guadagnando il mare con rapida fuga. Il doge, secondato dai più valorosi fra i Veneziani, s’accinse ad inseguire i rapitori e raggiuntili la vigilia, oppure il giorno della Purificazione di M. V. in un deserto porto dell’acque Caprulane, ricuperò, dopo sanguinosa zuffa, le spose, e gli effetti involati. A ricordo di tale splendido successo, si stabilì che quel porto appellar si dovesse Porto delle Donzelle, e che nella vigilia e nel giorno della Purificazione di M. V., il doge con la Signoria visitasse la chiesa di S. M. Formosa il cui titolare è appunto la Purificazione della Madre di Dio. Vi si volle aggiungere però solenne festività. Dodici donzelle, dette le Marie, superbamente vestite e di gemme ornate, trascorrevano tutti gli otto giorni precedenti la Candelaia, in ben addobbati palischermi i canali della città, accompagnate da suoni e da canti. Venuto poi il 2 febbraio, portavansi al ducale palazzo, donde col doge muovevano alla cattedrale di S. Pietro. Udita ivi la messa, si riducevano alla basilica di San Marco affine di ricevere le candele benedette, e poscia andavano alla chiesa di S. Maria Formosa. Pell’offerta, che il doge in quella circostanza doveva fare al pievano di S. M. Formosa, e pel dono che ne riceveva, vedi Bande (Ponte ecc. delle) e Casselleria (Calle di). La festa delle Marie, in cui fuvvi tempo che, invece delle 12 donzelle, figurarono 12 figure di legno, laonde tuttora dicesi per ischerzo Maria de tola, o de legno, a donna maghera, fredda, ed insulsa, terminò nel 1379, epoca della guerra di Chioggia, conservandosi soltanto la visita del doge nella vigilia della Purificazione alla chiesa di S. M. Formosa, la qual visita trasportossi per decreto 30 gennaio 1762 M. V. alla mattina della Purificazione medesima.
Nel medesimo secolo X Stefano Caloprini uccise in Campo di S. Pietro di Castello Domenico Morosini. L’inimicizia fra queste due nobili famiglie ebbe origine, come riferiscono le cronache, per ragione di donne. Stefano Caloprini, dopo l’avvenuto, fuggì co’ suoi da Venezia, ma poscia vi ritornò ad intercessione della imperatrice Adelaide. Allora si rinfocolarono gli odii, e l’anno 991 i Morosini uccisero tre Caloprini, mentre ritornavano in barca dal palazzo ducale. La debolezza dimostrata dal doge Tribuno Memmo nel reprimere i due partiti fece sì che i Veneziani lo deponessero, e l’obbligassero a farsi monaco a San Zaccaria.
In Parrocchia di S. Pietro di Castello morì nel 1585 Giulio Superchi, arcivescovo di Caorle.
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