S. Severo

S. Severo (Ponte, Rio, Fondamenta, Campo). La chiesa di S. Severo vuolsi eretta dalla famiglia Partecipazia nell’820. Era sotto la dipendenza delle monache di S. Lorenzo ed indarno più fiate tentò di emanciparsi. Divorata dalle fiamme nel 1105, fu riedificata e più tardi ristaurata. Ufficiavasi da 4 cappellani, i quali aveano cura delle anime uno per settimana. Nel 1808 venne chiusa; servì per qualche tempo a ricovero dei lavoranti della Casa d’Industria di S. Lorenzo, e poscia ad officina di falegname. Finalmente nel 1829 atterrossi, e sopra la sua area si eressero le carceri politiche.

Assai nominata nell’antiche carte è la Battuta di S. Severo, che, secondo alcuni, prese il nome dal battere che facevano le onde sopra un argine vicino, ma, secondo altri, dal concorso del popolo solito a frequentare questo sito per portarsi ai mercati di Olivòlo o Castello, essendo un tempo stretta ed incomoda la Riva degli Schiavoni.

Narrano le cronache che presso la chiesa di S. Severo ritirossi, colla moglie, Giustiniano, figlio del doge Angelo Partecipazio, reduce da Costantinopoli, quando, sdegnato col padre, che aveva eletto per compagno al trono il figlio minore, non volle abitare nella ducale residenza.

Parlando il Magno del celebre incendio del 1105, dice che esso ebbe origine nella caxa de cha Zancani da S. Severo, et brusò la contrà, andò a S. Lorenzo et passò a S. Provolo, et a sancta M. Formosa brusando, et scorse a S. Zuane Nuovo, a S. Zulian e S. Basso atorno la piaza fino a S. Zeminian, a S. Moisè, a S. Maria Zobenigo, dove per il gran vento passò il Canal le falive, et empiò fuoco a S. Gregorio, a santa Agnese, a S. Trovaso, a S. Barnaba, a S. Basegio, passò a S. Rafael, a S. Nicolò dei Mendigoli, et anchor da S. Maria Zobenigo, scorse a S. Moritio, a S. Paternian, a S. Lucha, S. Vidal, S. Samuel, in modo che, a parte a parte, si bruzò una gran parte de Venetia.

In parrocchia di S. Severo abitava (come da lapide posta recentemente presso il Ponte) Marino Sanudo Torsello, storico e viaggiatore insigne del secolo XIV.

In parrocchia di S. Severo eravi pure la casa dell’architetto Calendario nella quale venne arrestato, avendosi reso complice del doge Marin Faliero.

Per una singolare coincidenza poi abitava nella medesima parrocchia la vedova del Falier. Ciò è provato dall’estimo del 1379, e dal testamento della Falier, fatto il 14 ottobre 1384, e consegnato il 18 marzo 1385 al notajo Pietro Spirito. Esso incomincia: Io Aluyca Falier de qua indriedo dogaressa de Venexia, relicta de misser Marin Falier de qua indriedo doxe de Venexia, nasuda dal nobel homo misser Nicolò Gradenigo, al presente abitatrise in la contrada di S. Severo ecc. Questo testamento (donde apprendiamo che la Falier non era uscita, come fin qui si stimava, da casa Contarini, ma da casa Gradenigo) è quello che credesi ritenuto valido e pubblicato, poiché gli Avogadori di Comun, a petizione di Giorgio Giustinian, e di Nicolò Contarini, che si dichiararono danneggiati, annullarono un altro testamento posteriore, che la Falier, già scema di mente, aveva consegnato nel 1387 al notajo Leone, quantunque i medesimi Giustinian e Contarini avessero tentato di far annullare eziandio il testamento dello Spirito, e di far dichiarare valido soltanto un altro testamento anteriore del notajo Guglielmo de Chiarutis. Vedi quanto scrisse il ch. commendatore Bartolomeo Cecchetti nel Vol. I dell’Archivio Veneto. Qui aggiungiamo che nel codice della raccolta Cicogna 2929, intitolato: Registro di testamenti che si conservavano nella Cancelleria Inferiore, se ne trova registrato uno di D. Alvisa Falier Ser.ma Dogaressa in atti di Pietro Grifon coll’anno 1394.

In Campo di S. Severo sorge palazzo Priuli, fondato da Giovanni Priuli q. Costantino q. Lorenzo, morto nel 1456. Questo palazzo era decorato da molte pitture di Giacomo Palma il vecchio, che, secondo il Sansovino, v’abitò lungamente, favorito, com’era, dalla nobile famiglia proprietaria.

In esso esisteva un simulacro di tutto tondo, rappresentante la Vergine col bambino in braccio, seduta sopra una cattedra avente sulla spalliera due angeli collo stemma Priuli nel mezzo. Questo simulacro venne disegnato dal Grevembroch nelle sue Varie Venete Curiosità sacre e profane, ora nel Civico Museo.

In parrocchia di S. Severo morì Francesco Alunno da Ferrara, matematico, provvigionato dalla Veneta Signoria, ed autore della Fabbrica del mondo, nonché d’altre opere. Leggesi nei Necrologi Sanitarii: 1556. XI novembre. M. Pre’ Francesco Alunno dalla Scuola della Procuratia provvisionato, ammalato di febre, in nota ai 2 di ottobre – S. Severo. L’Alunno abitava in una casa delle monache di S. Lorenzo, che esse gli aveano dato a pigione il 12 ottobre 1553 per annui ducati venti.

In parrocchia di S. Severo, ove stanziava, pagò il tributo alla natura, il 17 febbraio 1585 M. V., Gio Batta. Peranda, filosofo e medico insigne. Eccone l’annotazione mortuaria: Addì 17 feb. 1585. L’ecc.te M. Gio Batta. Peranda fisico da sette ferite già g.ni 22, d’anni 52 – S. Severo. Egli veramente aveva riportato tali ferite la sera del 22 gennaio 1585 M. V. mentre ritornava dalla visita d’un ammalato, al Ponte della Madonna di S. Lorenzo (ora dei Greci) per opera di Alvise Foscarini q. Nicolò, che il 29 del mese medesimo venne bandito da Venezia. La moglie Laura Foscarini eresse al Peranda un monumento in chiesa del SS. Sepolcro, con busto, opera del Vittoria, oggidì trasportato nel chiostro del Seminario della Salute.

Vi morì pochi anni dopo Giuseppe Zarlino, maestro della Cappella di S. Marco, in un’altra casa delle monache di S. Lorenzo: Adì 4 febraro 1590. è morto il R.do M.o p. Isepo Zarlin capelan de S. Severo, de età d’anni 69, ammalato de mal de gotta et catarro da tre mesi. Ed in margine: M. de Cap. de S. Marco (Necrologio parrocchiale). Lo Zarlino, nato a Chioggia nel 1517, passò nel 1531 a Venezia, ove percorse la carriera ecclesiastica. Discepolo dell’insigne Adriano Willaert, venne eletto nel 1565 a maestro della Cappella di S. Marco. Presiedeva ai concerti musicali che si davano in casa del Tintoretto, e Marietta, figliuola del Tintoretto, ne studiava ed eseguiva le composizioni. Il Caffi lo chiama Apostolo della Musica. Se ne trova il testamento fra quelli rogati dal notajo Nicolò Doglioni, in data 3 febbrajo 1589 M. V.

In capo della Fondamenta S. Severo, e precisamente nel palazzo al N. A. 5136, nacque nel 22 aprile 1610 il veneto patrizio Pietro Vito Ottobuono, che nel 6 ottobre 1689 venne assunto al soglio pontificio, e che morì nel 1° febbraio 1691. Di tutto ciò esiste tuttora una memoria incisa in pietra nera, a caratteri d’oro, in una stanza. Marco, padre del pontefice, unitamente ai propri fratelli Pietro ed Antonio, aveva comperato questo palazzo, con istrumento 23 giugno 1597, in atti Fabrizio Beaziano, da Troilo e Sertorio fratelli Altan, fabbricatori e negozianti di panni, i quali poco tempo prima, con istrumento 11 agosto 1594, in atti Federico e Giovanni Figolino, l’avevano acquistato dalla famiglia Donà, a cui, fino da tempi antichi, apparteneva, come poteva scorgersi dai due scudi gentilizi, fiancheggianti il bassorilievo della porta, che ora sono scarpellati, ma che rappresentavano lo stemma Donà, e che si scorgono incisi nelle Curiosità del Grevembroch, da noi altrove citate. L’edificio di cui trattiamo fu la sera del 2 settembre 1726, sì nell’interno che all’esterno, splendidamente illuminato per ordine del cardinale Pietro Ottobuoni, pronipote di papa Alessandro VIII, che, venuto a Venezia, fece cantare una Pastorale nel sottoposto Rio di S. Severo. Estinta la famiglia Ottobuono, passò in varie altre ditte, e negli ultimi tempi era posseduto dalla chiesa di S. Zaccaria.

In questo palazzo morì il 5 marzo 1772 Giovanni Colombo Cancellier Grande.

In contrada di S. Severo, per ultimo, cessò di vivere Vincenzo Scamozzi il 7 agosto 1616. Egli nel principio del suo testamento disse di farlo nel letto, in casa di mia abitazione, in contrà di S. Severo.

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