Sepolcro

Sepolcro (Ponte del) sulla Riva degli Schiavoni. Elena Celsi, vedova di Marco Vioni, con testamento 2 gennaio 1409 M. V. in atti di Gaspare di Mani, lasciò una casa qui posta perché dovesse servire in parte ad abitazione d’alcune povere, ed in parte a ricetto di pellegrine dirette al S. Sepolcro di Gerusalemme, o reduci da quella regione. Dopoché nel 1471 Negroponte cadde in mano dei Turchi, Beatrice Venier e Polissena Premarin fuggirono da quell’isola, e nel 1475 ottennero dai commissarii dell’ospizio Vioni di essere in esso ricoverate, ove, unitesi ad altre donne, abbracciarono il terzo ordine di S. Francesco. Frattanto i commissarii aggiunsero all’ospizio una chiesa dedicata alla Presentazione di M. V. e nel 1484 vi fabbricarono in mezzo un sepolcro ad imitazione di quello esistente in Gerusalemme. Poscia, con istrumento 13 Aprile 1493, concessero in perpetuo il locale alle terziarie, che nel 1500 furono facoltizzate ad ingrandirlo coll’esenzione dall’obbligo di continuare a dar ricetto a pellegrine. A tale scopo comperarono alcuni stabili attigui, fra cui il palazzo Molin dalle due Torri, già abitazione di Francesco Petrarca, e fecero sorgere in breve vasto convento, del quale conservasi tuttora la bella porta, architettata dal Vittoria, a spese di Tommaso Rangone, medico e filologo ravennate. Mancano però l’iscrizione e la statua del pio largitore, trasportate alla Salute. E’ probabile che nel tempo medesimo le monache ristaurassero anche la chiesa del S. Sepolcro, la quale nel principio del secolo XVII ottenne nuovi abbellimenti a spese della famiglia Grotta. Essa fu chiusa nel 1808, ed in seguito, unitamente al convento, il cui ultimo ristauro avvenne nel 1739, ridotta a caserma.

Il Ponte del Sepolcro era detto anticamente della Pietà, oppure di ca’ Navager, perché da una parte prossimo all’ospizio della Pietà, e dall’altra al palazzo che, come si vede dallo stemma sculto sopra il pozzo della corte interna, e dagli Estimi, apparteneva alla patrizia famiglia Navagero. Da questo ramo uscirono Andrea Navagero il cronista, e l’altro Andrea, nipote del precedente, buon politico, storico e poeta. Dalle muraglie adunque di questo palazzo rimuovasi la lapide accennante all’abitazione del Petrarca, ponendola all’angolo dell’odierna Calle del Dose, ove, per documenti scoperti, sorgeva il palazzo Molin dalle due Torri, e qui pongasi altra lapide in onore dei due chiari soggetti della famiglia Navagero poc’anzi mentovati.

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