Cereri

Cereri (Fondamenta dei) a S. Maria Maggiore. L’arte dei Cereri, memoria della quale, oltre che in questa Fondamenta, trovavasi per lo passato in un prossimo Ponte appellato della Cereria, era un colonnello di quella degli Spezieri da grosso, distinta col titolo d’Università. I Veneziani traevano la cera vergine dal Levante, nonché dalla Moldavia e dalla Valacchia, e, per la particolare condizione della città, potevano depurarla senza che la polvere l’insudiciasse. In gran conto si tenevano adunque le candele ed i torchi veneziani, 24 a’ bei tempi n’erano le fabbriche, ed ascendeva a tre milioni e mezzo lo spaccio esterno, senza contare l’interno, grandissimo pur esso, specialmente pel vero scialacquo di cere, solito a farsi nelle sacre funzioni. Questo spaccio però discese nel secolo XVII ad un milione e mezzo, quindi ad un milione, e finalmente nel secolo decorso a lire 600 mila soltanto. La causa prima della decadenza fu la cereria grande di Trieste, fornita di grossi capitali e lavoranti veneti, ed esente dai dazii. La fortuna della medesima rapì le nostre spedizioni per Napoli, Toscana, Lombardia, e Germania. Nel secolo XVIII era celebre in Venezia un G. Battista Talamini, che aveva bottega da speziale a Rialto, all’insegna della Fonte, e che morì il 10 aprile 1760. Egli, mediante un suo particolare secreto, e ferri da lui inventati, giunse il primo a colorire, tirare, e lavorare la cera in modo da imitare con essa ogni qualità di piante, fiori, frutti, ed animali, dandole inoltre tanta durezza da renderla, almeno per qualche tempo, atta a sofferire, in foggia di tazze, o di vasi, qualunque liquore.

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