S. Domenico (Calle, Ramo, Sottoportico, Corte) a Castello. Nel 1317 si edificarono a Castello una chiesa dedicata a S. Domenico, ed un convento per dodici frati dell’ordine dei Predicatori, dietro lascito del doge Marino Zorzi. Avevano però dipendenza dal monastero dei SS. Giovanni e Paolo, e fu soltanto nel 1391 che il beato Giovanni Dominici li rese indipendenti. Ai frati di S. Domenico di Castello fu affidato nel 1560 da Pio IV il tribunale della Inquisizione, che prima era commesso ai Francescani. Nel 1807 questo convento fu consegnato alle truppe della Marina e poco dopo si atterrò colla chiesa per formare l’area dei Pubblici Giardini. Dal tempo della loro fondazione ambidue gli edifici erano stati più volte ristaurati.
Non lungi dalla chiesa di S. Domenico di Castello venne a morte il 26 marzo 1558, in età di 102 anni, Cassandra Fedele, che lesse nello studio di Padova, disputò in teologia coi primi uomini del tempo, cantò versi latini all’improvviso, compose alcune opere, e fu celebrata da molti letterati. Essa nel suo testamento, 28 agosto 1556, in atti di Benedetto Baldigara notaio veneto, si denomina Cassandra Fedel rel.ta del q. ex.te m. Z. Maria Mapello D. in medicina, et Priora del hospeal delle donzele appresso S. Domenego. Dice che, trovandosi in età decrepita, andò a fare il testamento suddetto in chiesa di S. Bartolammeo di Castello, più conosciuta oggidì sotto il titolo di S. Francesco di Paola. Elegge esecutori testamentari l’avvocato Benedetto Lio suo nipote, e fra’ Zuane Foresto dell’ordine dei Predicatori. Vuole essere sepolta in chiesa di S. Domenico. Benefica quel convento. Lascia a Benedetto Lio porzione di casa in Calle della Testa ai SS. Giovanni e Paolo, la qual casa era tenuta pro indiviso da essa, e da Domenico di Fabii altro suo nipote. Lega i suoi libri ai figliuoli di Benedetto Lio. Istituisce finalmente erede residuaria Antonia mojer del dito Beneto. Maria Petrettini poi, nella Vita di Cassandra Fedele, narra che, per opinione dell’abate Sante dalla Valentina, l’ingresso dell’ospizio, od orfanatrofio di donzelle, (e non convento di sacre vergini, come erroneamente scrisse il Tommasini), diretto da Cassandra, era quella gran porta di gotica architettura, recante in fronte alcune sculture di santi Domenicani, la quale, per antica tradizione, si chiama la porta dell’ospeal delle Pute, e scorgesi a Castello nella Strada Nuova dei Giardini (ora Strada Garibaldi), non lungi dalla Calle di S. Domenico.
Scrive il Savina: Del 1586 del mese di febbraro si fece una rappretatione della Virtù e del Vizio dalli Padri di S. Dom. di Castello con il concorso di tutta la città, dove un fra’ Gio. Maria da Brescia, mascherato da fachino, sparlò in scena d’una mala maniera della Religione, dicendo che ruberebbe il tabernacolo del Santiss. Sacramento al Papa, et che lo scorticherebbe, et delli Senatori Veneti, con dire chel metterebbe volentieri quegli delle veste purpurate in galea al remo (sendone presenti infiniti senatori), per il che fu cacciato fuori della scena, et si formò processo contro di lui dal Nuntio di S. Santità et dalli Ecc. Sig. Capi di X. Et, di ordine del sud. Nuntio, fu affisso alle porte della chiesa di S. Dom. un cedolone, et lo citava a comparire in termine di due giorni, il quale non comparve altrim.te, et fu detto et attribuito ciò alla pazzia che alle fiate regnava in quel padre.
Nel convento di S. Domenico di Castello vestì l’abito nel 1668 Pier Francesco degli Orsini, duca di Gravina, che il 24 maggio 1724 venne creato pontefice sotto il nome di Benedetto XIII.
Sopra il Ponte di S. Domenico, ora distrutto, i padri inquisitori solevano il 29 aprile d’ogni anno accendere una catasta di legna per bruciare tutti i libri proibiti, che durante l’anno, avevano potuto raccogliere.
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