Tintori (Rio dei) a S. Maria Maggiore. Varie tintorie erano stabilite nel 1661 lungo questo rivo, il quale anticamente era attraversato da un ponte detto della Tintoria.
I Tintori unironsi in corpo anteriormente al 1436, ed avevano dapprima scuola di divozione, sotto il patrocinio di S. Onofrio, nella chiesa di S. Giovanni Grisostomo. Ricorda il Burani nel suo Giornale Solario, che nei registri di detta chiesa esisteva, sotto l’anno 1490, l’annotazione seguente: Per la scuola delli Tintori ogni anno si scuode il giorno di Mess: Sant’Onofrio, che è a dì 14 zugno, lire 44 ecc. I Tintori poscia, con istrumento 7 ottobre 1581, in atti Giovanni Figolino, ottennero per le proprie adunanze un locale presso il Ponte dei Servi, ed in chiesa dei Servi eressero arche ed altare. Il locale inserviente alla scuola di quest’arte venne distrutto da un incendio nel 1769, e quindi rifabbricato. I Tintori si dividevano in tre classi: di sete, fustagni, e tele, facendo grandissimo traffico coll’Olanda, Fiume, Levante, e Turchia. Lo scarlatto ed il chermesino di Venezia godevano una rinomanza universale. I secreti delle tinture erano così meravigliosamente mantenuti da originare una singolarissima usanza. Le leggi ordinavano le stagioni nelle quali si dovevano comporre le misture per lo scarlatto. Siccome si voleva distrarre il pubblico dal por mente alla fabbricazione di tale tintura, solevasi spacciare qualche favola che mettesse paura nel popolo. Ora aggiravasi in que’ contorni un fantasima bianco, ora un omaccio con un cappellone, ora un gigante con un lanternino in mano. Ecco come s’introdusse nel nostro vernacolo la parola scarlatto, per indicare un timore senza fondamento. In questa guisa la credulità umana veniva messa a contributo dall’industria. Vedi l’opera: Venezia e le sue Lagune, vol. I, p.te I, p. 180.
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