Grande

Grande (Corte, Ramo Corte, Corte Seconda, Ramo Corte Seconda) alla Giudecca. Sì l’una che l’altra di queste Corti è così detta per la sua ampiezza, e da esse presero il nome i Rami vicini. Altri invece sostengono che esse Corti fossero così appellate dalla cittadinesca famiglia Fugacci detta Grandi. Sappiamo infatti che i tre fratelli Antonio, G. Domenico, e Giorgio, figli dell’avvocato Marco Grandi e di Cecilia Albanesi, i quali ottennero nel 1634 l’approvazione alla cittadinanza originaria veneziana, erano nati nelle loro case situate sulle corti grandi in cao la Zueca.

Nelle Corti Grandi alla Giudecca si solevano ai tempi della Repubblica celebrare più fiate le così dette Cacce dei Tori. Vedi Cicogna, Inscr. Ven., III. Questo divertimento, che, come abbiamo veduto, davasi anche in molti Campi, ed altri luoghi spaziosi della città, è così descritto nel Lessico Veneto del Mutinelli: Appeso nel campo un ornato pallone a segno della festa, bastava questo per divulgarne l’annunzio; intanto le famiglie agiate dimoranti sul campo mandavano inviti agli amici, le povere appigionavano le finestre, ed intorno al campo s’innalzavano gradinate di legno. Così disposte le cose, giunto il giorno, e il momento della festa, comparivano a suon di tromba nello stecconato i tori condotti da macellai e da Cortesani, che dicevansi Tiratori, i quali bellamente portavano brache di velluto nero, e giubboncello di scarlatto, con berretto rosso in capo, se fossero stati della fazione Castellana, nero, se avessero appartenuto alla Nicolotta. Fatto dai Tiratori col bove un giro per il campo, e venendosi poscia alla prima slanciata, cominciava allora una fierissima lotta tra il bove ed i molti cani che si aizzavano, perocché devesi sapere come i popolani e specialmente i Cortesani, due o tre per ciascheduno, possedessero di quegli alani per boria e per diligentemente educarli a quella caccia. Consisteva per tanto quella festa di sangue nella destrezza dei cani a ferire, ed in quella dei bovi a difendersi, laonde i fiati degli spettatori andavano a sprecarsi per far plauso alla virtù di sole bestie. L’ultima domenica di carnovale davasi una caccia di tori affatto sciolti anche nella corte del Palazzo Ducale, e questa fu istituita per sollazzo delle damigelle della dogaressa incoronata; ma quantunque non sempre il doge avesse moglie, e non sempre la moglie fosse stata incoronata a principessa, tuttavia la caccia aveva luogo in ciaschedun anno con grande numero di spettatori. In occasione di venute di principi si davano straordinariamente queste cacce nella Piazza di S. Marco.

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