Acqua dolce

Acqua dolce (Rio dell’) ai Ss. Apostoli. E’ così denominato, secondo il Dezan, nelle sue illustrazioni all’Iconografia delle trenta parrocchie di Venezia del Paganuzzi, perché solevano stanziarvi le barche cariche d’acqua dolce, che si porta di terraferma per alimentare i pozzi della città.

L’arte degli acquaiuoli si costituì in corpo nel secolo XIV, leggendosi che il 25 dicembre 1386 ottenne il permesso di fabbricare in Campo di S. Basegio, presso il campanile, una piccola casa ad uso di scuola, ed un altare nella chiesa. Elesse poi a suo protettore S. Costanzo, poiché questo santo si feva arder le lampade, cioè i cesendeli, pieni de acqua senza nessun liquor né oio, come nara messer S. Gregorio nel suo dialogo. Tanto si ricava dalla mariegola di quest’arte, la quale fu riformata nel 1741. Essa nel 1773 contava 18 capi maestri ed 8 figli di capo maestro, essendovi inoltre 100 individui non descritti nell’arte medesima, ma che col pagare 20 soldi all’anno potevano introdurre acqua a Venezia per venderla al minuto. Gli acquaiuoli dipendevano per disciplina ed economia dai Giustizieri Vecchi e dai Provveditori alla Giustizia Vecchia, pell’occorrenze dei pubblici pozzi dal Magistrato della Sanità, e per le gravezze pubbliche dal Collegio Milizia da Mar.


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